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Spinelli risponde a Scalfari:"La tua è violenza inaudita. E non parlare di mio padre"

Eugenio Scalfari e Barbara Spinelli

L'editorialista attaccata dal fondatore per le sue posizioni contro Napolitano scrive una lettera al veleno

Nicoletta Orlandi Posti
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Eugenio Scalfari prova a mettere una pezza e ricucire con Barbara Spinelli dopo le pesanti accuse e le parole becere con le quali l'ha etichettata per quell'intervento, che proprio non gli è piaciuto, sul presidente Giorgio Napolitano contenuto nel libro di Marco Travaglio. Dopo averle dato dell'ignorante ("conosce poco o nulla la storia d'Italia"), dopo averle ricordato, quasi fosse una scolaretta che deve presentarsi accompagnata dai genitori e che deve chiedere il permesso a loro per leggere o scrivere ("sei la figlia di Spinelli"). in nove righe il fondatore di Repubblica oggi ricorda "l'antico affetto nei suoi confronti". Nove righe di replica alla dura lettera che la Spinelli, editorialista dello stesso quotidiano, gli ha voluto dedicare dopo un giorno di silenzio e riflessione. Perché dopo certi attacchi bisogna fermarsi, prendere fiato, e poi rispondere.  Così Barbara Spinelli ammette di essere rimasta stupita dalla "violenza nei suoi confronti" di cui non credeva Eugenio Scalfari capace. E spiega: "Violento è l'uso che fa di Altiero Spinelli, del quale nessuno di noi può appropriarsi: chi può dire come reagirebbe oggi, di fronte alle rovine d'Italia e dell'Europa da lui pensata nel carcere dove il fascismo l'aveva rinchiuso, e difesa sino all'ultimo nel Parlamento europeo? Non ne sono eredi né Scalfari, né il Presidente della Repubblica, e neppure io. Il miglior modo di rispettare i morti è non divorarli, il che vuol dire: non adoperarli per propri scopi politici o personali. Mi dispiace che Scalfari abbia derogato a questa regola aurea". Riguardo al Movimento Cinque Stelle, che viene dipinto dal giornale su cui scrive come il male assoluto, Barbara Spinelli chiude la lettera facendo notare a Scalfari che "è inutile e quantomeno scorretto accusare Grillo di condannare alla gogna i giornalisti, quando all'interno d'una stessa testata appaiono attacchi di questo tipo ai colleghi". Per molto meno, fa notare il Fatto quotidiano, "c'è chi verrebbe accusato di fascismo, squadrismo, gogna, liste di proscrizione, macchina del fango, misogenia e sessismo". "Se Barbara non fosse una signora", continua il giornale di Travaglio, "potrebbe ricordare a Scalfari, come fece Giorgio Bocca, che è figlio di un croupier del casinò di Sanremo, o come fanno in pochi, che da giovane era caporedattore di 'Roma fascista'". 

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