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Cervi: "Quando il merlo di Rizzoli, ospite di Montanelli, mandò a cagare Spadolini"

L'editorialista del Giornale racconta un retroscena datato 1983: l'ex editore aveva un uccellino che sapeva parlare. Ma non aveva freni e diceva anche le parolacce..

Roberto Procaccini
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C'è stato il giorno in cui il merlo indiano di Angelo Rizzoli, ospite nell'ufficio da direttore de Il Giornale di Indro Montanelli, ha mandato a quel paese il ministro della Difesa Giovanni Spadolini. Dopo il funerale dell'editore, spentosi a Roma l'11 dicembre aletà di 70 anni, Mario Cervi racconta un episodio datato 1983. Quando Rizzoli è arrestato per la prima volta e, non sapendo a chi affidare il proprio pennuto chiacchierone (di nome Marco), si rivolge all'amico Indro. Parlantina - Montanelli si trova allora a condividere l'ufficio con un uccello dalle piume nere ed il becco giallo. Ma non solo: un uccello in grado di parlare. Il direttore è inizialmente divertito dalla compagnia di un merlo capace di dire, con voce stentorea, quello che pensa agli astanti, o di lanciarsi in gradevoli vocalizi per poi chiedere "come canto?". Ma Marco ha appreso dal suo padrone anche una certa tendenza al turpiloquio, che lo porta a mandare a quel paese chi non gli sta simpatico. L'attitudine del pennuto, a seconda dei casi, fa sorridere o mette in difficoltà i destinatari delle sue invettive, fino a quando a beccarsi un sonoro vaffa è il ministro (già ex premier) Spadolini. Che non la prende benissimo. Tramonto - L'incidente diplomatico convince Montanelli a trovare una nuova collocazione al merlo. Lontano dal suo padrone e dal suo nuovo amico, Marco cade in depressione, racconta Cervi, e s'ammala di polmonite. A nulla servono gli interventi di veterinari (anche dall'estero): il merlo spira. "Marco se n'era andato, Angelo soffriva le sue pene - rievoca l'editorialista de il Giornale -. Anche lui se n'è andato adesso: povero merlo raggirato da lestofanti, braccato e perseguitato dalle toghe. Fosse ancora con noi il merlo Marco - conclude - saprebbe bene dove mandare, dopo una gaglairda fischiata, tutta questa gente".

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