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Kyenge: "Mi dissocio dall'intervista di mio marito"

Cécile Kyenge

Andrea Tempestini
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Sta diventando una telenovela, ma state attenti a non chiamarla «Casa Kyenge», perché Domenico Grispino da Modena, marito del ministro per l'Integrazione Cécile potrebbe adontarsi: «Io mister Kyenge? Se lo scrive le tiro un calcio nei maroni» aveva avvertito il cronista. E l'accattivante accento emiliano non era bastato a smorzare la stizza. Che deve essere cresciuta ieri pomeriggio, quando la moglie ha inviato alle agenzie questo comunicato: «Le dichiarazioni di Grispino Domenico (sic, cognome e nome, ndr) sono di sua stretta responsabilità personale: esprimo il mio rammarico per quanto detto, me ne dissocio completamente, sottolineando che ogni mia scelta politica e personale è avvenuta e avviene in completa autonomia e libertà, nel rispetto di tutti».  Come un verbale A parte il linguaggio da verbale dei carabinieri, qual è stata la scintilla per questo duro attacco al marito? L'intervista rilasciata da Grispino a Libero e pubblicata ieri sotto il titolo: «Il ricatto del Pd a mia moglie Cécile». Un articolo in cui l'ingegnere spiegava: «Le hanno fatto firmare un accordo molto generico per presunte spese elettorali con cui lei si impegna dopo le elezioni a versare al Pd 34 mila euro. (...) Non c'era alternativa, c'era il fumus del ricatto (...). Ma quali sono queste spese elettorali? Per i tre mesi di campagna ho investito io quasi 2 mila euro perché in giro non raccoglieva niente». Poi aveva definito il Pd «una macchina da soldi».  Ieri mattina, controllata l'intervista, Grispino aveva spedito una mail al cronista: «Ho letto l'articolo, non ha riportato nulla di diverso da quanto penso e da quanto ho detto. È un articolo che nel palazzo creerà molto rumore, ma è giusto così. In fin dei conti sono state riportate cose che tutti sanno, ma che nessuno, nel mondo ipocrita della politica ha il coraggio di dire».  La conferma Nel pomeriggio la doccia fredda della presa di posizione della consorte. Verso le 16 telefoniamo a Grispino che si è appena svegliato da una pennichella. Gli domandiamo se abbia letto le dichiarazioni di Kyenge. Si stupisce: «Non so nulla, Cécile non mi ha detto un casso, non ha mica avuto il coraggio di telefonarmi». Non è con lei? «No, è a Napoli per una manifestazione con Erri De Luca e padre Alex Zanotelli». Oggi non l'ha sentita? «Assolutamente no. Ma non mi chiamerà, tranquillo». L'ha contattata qualcun altro? «Alcuni renziani per farmi i complimenti. Mia moglie dovrebbe essere contenta: lei sostiene il sindaco di Firenze e alcune cose che ho detto possono fargli comodo».  «Solo la verità» Gli leggiamo il comunicato: «È vero la responsabilità è mia. Si dissocia? È un italiano che non capisco. Sono frasi alla casso. Ci avranno pensato tutto il giorno per decidere cosa scrivere e alla fine l'avrà messo giù l'ufficio stampa. Però mi devono dire se ho detto delle cose false, di quelle devo rispondere». Sua moglie sembra essersi schierata con il partito: «Lei stia con chi vuole, io sto con la mia onorabilità. Se avrò le mani libere dovranno avere paura davvero. Vorrà dire che diventerò famoso e scenderò in politica».  Nessun timore Adesso la sua consorte non le chiederà mica il divorzio? «Me lo aspetto, io sono più intelligente degli altri e anticipo le situazioni. Ma non mi rimangio niente: certe cose vanno dette. Bisogna spiegarlo che c'è gente in giro che guadagna 4 mila euro al mese e non ha mai lavorato». Si fermi, altrimenti sua moglie la butterà fuori casa. «A me non mi sbatte fuori nessuno, perché le case sono tutte mie». di Giacomo Amadori

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