Ferrara: "Lupi mi fa ribrezzo, Formigoni mi fa venire i brividi"
Un editoriale al vetriolo dell'Elefantino: nel mirino i due ciellini, ma anche Magdi Allam, Travaglio e Scalfari
La zampata dell'Elefantino, questa volta, è ancora più veemente, più difficile da incassare. Un colpo da ko, quello scoccato da Giuliano Ferrara su Il Foglio del lunedì, contro Maurizio Lupi e Roberto Formigoni, due protagonisti della scissione, due fondatori del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Insieme a loro, nel mirino, ci finiscono anche Magdi Cristiano Allam ed Eugenio Scalfari, ma è contro i due ciellini che l'intensità dell'attacco è spaventosa. Ferrara, nel suo editoriale, parte proprio da Cl e premette: "Ho amato molto il popolo ciellino e alcuni dei loro leader che si esposero con passione e foga rudimentali ma autentiche nelle battaglie culturali dei primi anni del nuovo secolo". Il ribrezzo per Lupi - A fronte di quei leader che "ho amato molto", però, c'è per esempio Lupi, che Ferrara ricorda mentre "regge la coda battesimale di Magdi Cristiano Allam e mi sembra il solito incubo di chi combatte per certe idee e incontra il becchino delle cause giuste sul suo cammino". Allam, dunque, si trasforma in "becchino delle cause giuste", ma Lupi, all'Elefantino, fa ribrezzo. Perché? Presto spiegato: "L'idea che si possa scroccare un simbolo di conversione alla presenza di un Papa come Ratzinger, e nei giorni della Pasqua, mi ha sempre fatto ribrezzo". Appunto. Quindi una digressione su Allam, "il battezzato" che "non ha fatto che cercare nuovi grotteschi battesimi del fuoco nei meandri e nei recessi più improbabili della politichetta nazionale di serie B", fino ad approdare in Fratelli d'Italia ("oooops!", scrive ironico Ferrara). "Che spettacolo..." - Archiviato Lupi, la furiosa passeggiata dell'Elefantino prosegue sulle membra di Formigoni, che "audacemente si sottopone allo screening televisivo di Santoro dopo l'emancipazione opportunista dei ministeriali". "Mamma mia, che spettacolo - prosegue -. Marco Travaglio (ce ne ha anche per lui, ndr), che nella circostanza sembrava un angelo da quel demonio che è, gli ha fatto una domandina semplice: che senso avesse mollare Berlusconi una settimana prima della decadenza da senatore senza nemmeno accettare a uno scarto di identità". Secondo il direttore, "Formigoni avrebbe potuto essere sincero, avrebbe pouto dire che non ce la facevano più, che la sua e quella dei suoi amici opportunisti era una storia individuale e collettiva tutta da riscrivere, che aveva vissuto un dramma tra fede e sacrestia, tuffi e case in Sardegna", ed eccetera eccetera. Se così avesse detto, sottolinea Ferrara, "se non altro" Formigoni si sarebbe guadagnato "la credibilità personale minima necessaria di un peccatore in cerca di perdone". Ma invece, "niente di tutto ciò". A valanga contro Formigoni - La tirata contro l'ex governatore della Lombardia prosegue. Durissima. "Quello che ha parlato con lingua biforcuta e poco evangelica - verga l'Elefantino - era un burocrate dalla pronuncia di lego, un volto di una ipocrisia irritante, spocchiosa e vana, con un sorriso così tremendamente italiota, un linguaggio del corpo così confortevolmente impacciato, così falso e inelegante da fare venire i brividi anche a un immoralista quale mi ritengo. Si intuiva - prosegue velenoso - il progetto di ritessere, con qualche compiacente intervista a Repubblica, e lasciando cadere i compagni d'avventura di un tempo che l'avevano difeso contro i denti aguzzi delle procure e delle inquisizioni mediatiche, un'immagine perbene e accettabile in società al riparo del partito del nipote di Gianni Letta". Il Celeste viene quindi così ribattezzato: "Roberto Cristiano Formigoni". E contro Barbapapà... - Dopo gli attacchi, le conclusioni, altrettanto dure. "Se questi (Lupi e Formigoni, ndr) avessero detto: siamo stati protagonisti di un incubo, ci tagliamo i ponti alle spalle, vogliamo costruire qualcosa di nuovo (...) e ci dissociamo dalla linea della nuova Forza Italia per convinzione politica, bah, forse si sarebbero guadagnati un angolo di parardiso tra le persone intelligenti e sincere". Non è andata così. E Ferrara scrive: "Ma passare dal voto per la nipote di Mubarak a quello per il nipote di Gianni con la stessa callidità di sempre è stato, in particolare per leader che avevano giocato la carta cristiana in politica, uno spettacolo che sfida perino la misericordia di Francesco". Infine una chiosa con cui Ferrara mette al tappeto anche il fondatore di Repubblica: "Ci vuole lo stomaco di una antica maitresse-à-penser come Scalfari per considerare nuova destra repubblicana un'accolita di sepolcri imbiancati".