Ferrara: "Con Napolitano il rischio è un'oligarchia delle lobby"
L'Elefantino si chiede perché Letta appaia così fondamentale. Semplice la risposta: il ruolo del capo dello Stato. Ma ora a rischiare è l'Italia
Si interroga, Giuliano Ferrara: "Bisogna domandarsi con schiettezza, per capire la situazione italiana, la politica e altro, come mai il governo Letta abbia questa strana e anche un po' misteriosa aura di indispensabilità". Nell'editoriale su Il Foglio di venerdì 23 novembre, l'Elefantino sottolinea che "questo governo nacque come l'unica soluzione realistica possibile nelle circostanze del dopo elezioni, ma con la specificazione, dice il sottotesto, che in diciotto mesi avrebbe dovuto fare grandi cose per effetto di una riunificazione delle forze". Peccato però, aggiunge, che "queste cose non saranno mai fatte, ormai è chiaro a tutti". Eppure, rimarca, "l'idea che circola, non solo per i soffietti di parte della stampa, è che il suo (quello di Letta, ndr) è un governo indispensabile quanto mai altri". L'ipertrofico Giorgio - Dietro a questa convinzione, spiega Ferrara, c'è il capo dello Stato: "La chiave di volta della situazione è Giorgio Napolitano, che ha fatto forte autorità dal fallimento post elettorale della sinistra, è stato rieletto a mani basse, ha detto con schiettezza alle Camere, la scorsa primavera, che bisognava lavorare per una fase di stabilità pacificata e di riforme". Secondo l'Elefantino, "Napolitano si spende fino a collocarsi sul confine spericolato di una gestione ipertrofica dei suoi poteri costituzionali e di prassi, e anche dei suoi poteri reali". Quindi una chiosa sul caso più recente, quello che ha coinvolto Annamaria Cancellieri, ed in cui "sia pur con molte ragioni dalla sua parte, il presidente ha addirittura sanzionato, con esternazioni da Repubblica ultrapresidenziale, un ambiguo comportamento della magistratura torinese, utile a salvare il ministro". L'affondo - Il direttore prosegue: ora "occorre prendere atto di una serie di fallimenti, che non dipendono necessariamento dalla cattiva volontà di alcuno, e mollare l'indispensabilità ormai palesemente antidemocratica". Meglio le elezioni, dunque; meglio che "Renzi faccia la sua corsa liberamente e secondo programma", meglio "uno sbocco elettorale alle pulsioni delle altre opposizioni". Anche perché, conclude Ferrara con un duro attacco al Colle, "Napolitano nel novembre 2011 (la caduta di Berlusconi e la nascita del governo Monti, ndr) face un'operazione spericolata ma gigantesca di salvezza nazionale, passando sul diritto elettorale del popolo dopo il dissellamento del Cav. Ma ora, in una politica che non gli fa scudo per il suo ruolo superpartes, e anzi lo obbliga a essere scudo di parte in modo spesso inaudito, il rischio è che si chiuda a riccio in una oligarchia lobbistica minore, senza visione e senza vera legittimazione politica".