Piercamillo Davigo tra serio e faceto: meglio uccidere il coniuge che divorziare
Un Piercamillo Davigo in grande forma sfoggia la sua proverbiale ironia per spiegare durante un convegno, riportato da Il Tempo, alcune stranezze che affliggono il sistema penale italiano. Davigo, attualmente presidente della II Sezione Penale della Corte di Cassazione e membro togato del Csm, si scaglia contro un sistema definito "criminogeno", perché - parafrasando - le procedure di divorzio durano più delle pene da espiare per l'uccisione del coniuge. Codice penale alla mano, Davigo denuncia le ambiguità della prassi giuridica, per cui chi uccide il coniuge non sconterà mai i 30 anni di reclusione previsti. Perché? Per approfondire leggi anche: Piercamillo Davigo: "In Italia in carcere ci vanno troppo pochi e le pene sono troppo lievi" "Se uno ammazza la moglie - inizia Davigo- e confessa, usufruisce delle attenuanti generiche". In seguito risarcirà il danno agli eredi del coniuge, come se si trattasse di un assegno di divorzio. Poi l'imputato può portare a casa altre tre attenuanti "prevalenti sull'aggravante" e chiedere il rito abbreviato. Così la sua pena diminuirà da 30 anni a 4 anni e 4 mesi. Ma l'imputato li passerà in carcere? Niente affatto, perché per la reclusione deve sussistere almeno una delle seguenti esigenze cautelari: pericolo inquinamento delle prove ("l'omicida ha confessato"); pericolo di fuga ("si è già costituito"); pericolo di reiterazione del reato ("è vedovo", afferma Davigo davanti ad un pubblico divertito). Dunque alla fine della fiera l'omicida trascorrerà solamente 1 anno e 4 mesi agli arresti domiciliari, perché sconterà i restanti 3 anni ai servizi sociali. Una bizzarria del nostro sistema penale.