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Billy Berlusconi, il nipote di Silvio realizza copie virtuali in 3d delle persone: come sbarca il lunario

Davide Locano
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Billy Berlusconi, 38 anni, modi gentili e raffinati, è appena rientrato dal Giappone, con la soddisfazione che ha messo a tacere la fatica. A Tokyo alla finale dell' Open Innovation Contest by NTTData - uno dei più grandi gruppi mondiali di tecnologia - ha portato in dote la sua piattaforma di "Avatar". Ne è tornato con il primo premio nella categoria "Disruptive Social Innovation". «È stata una bellissima esperienza, soprattutto se si tiene conto che abbiamo ricevuto questo riconoscimento a soli sei mesi dall' inizio del progetto e che le start up finaliste erano 28». Provenienti da tutto il mondo, aggiungiamo. Il progetto si chiama "The digital you" e rappresenta il principale impegno di Igoodi, ovvero la "Avatar Factory" tutta italiana a cui Billy Berlusconi (nipote del Cavaliere e figlio di Paolo) dedica da tempo tutte le sue energie. Ma cos'è un avatar? «La prima cosa che viene in mente è il film». Già. Invece? «Si tratta di copie perfette di noi in 3D». Tanti piccoli io, dei nostri gemelli? «Sì, identici a noi in tutto e per tutto, fedeli alla nostra morfologia, dalla qualità elevata, con la caratteristica che sono misurabili». Ma come si diventa un avatar? «Si entra in una cabina». Oddio... «È divertente. Lo abbiamo sperimentato alla Fiera della Tecnologia a Milano. Sono arrivate tante famiglie con figli...». E... «Sono entrati in quello che abbiamo chiamato "The gate", una piattaforma tecnologica a 360 gradi che permette di creare un avatar attraverso un body scanner automatico. Lo abbiamo progettato, disegnato e realizzato noi di Igoodi». Sembra di vedere il futuro... «In effetti si potrebbe considerare come la cabina delle fototessere del futuro. Si può installare sul territorio, l' utente può entrare e, attraverso una esperienza fisica, fare le foto e vedersi magicamente riconvertito nel proprio avatar, il nostro gemello digitale». E poi che si fa? «Si possono fare tante cose. Grazie alla qualità tecnologicamente elevata può essere utile in sanità, nella moda, nello sport e nel benessere». Facciamo un esempio. Fatto l'avatar si ha bisogno del medico, ma non ci ci può andare. Si manda lui? «Praticamente sì. Il medico, attraverso più scansioni, può monitorare il corpo, certificarne i progressi. Un fisioterapista può, ad esempio, ricevere i dati e ottimizzare la riabilitazione. È possibile creare un tutore in base ai dati in 3d. L' avatar può essere anche uno strumento di prevenzione e "sposarsi" con la cartella clinica dei pazienti». E per gli acquisti in rete funziona allo stesso modo? «Semplifica i processi. Con l' avatar si ha la certezza di non sbagliare taglia, semplifica la vita a chi vende che così non ha più resi, e chi produce può farlo in base al venduto». Dove troviamo il nostro avatar? «In un' app sul cellulare che permette all' utente di visualizzare il proprio avatar e gestirlo a seconda delle proprie priorità. L' obiettivo è semplificare la vita e accorciare le distanze tra il mondo reale e il mondo virtuale». Da quando sarà possibile? «Siamo nella fase "business to business". Abbiamo uno show room a Milano (in via Gaetano Negri 4, ndr) per farci conoscere e testare il nostro prodotto. Siamo in una fase di sviluppo sia per quanto riguarda la parte commerciale sia nella produzione di servizi». Insomma, servono gli accordi con i medici, per esempio, o i siti di moda e di benessere... «Esatto». Però c'è molto interesse? «Ci siamo lanciati sul mercato lo scorso settembre e il riscontro continua ad essere altissimo. Il viaggio e il premio in Giappone è stato l' ennesima conferma della bontà del nostro progetto. A parte il nome che porto, è una conferma che quello che stiamo facendo piace e può dare moltissimo. Abbiamo diversi partner strategici che ci accompagnano, credono in noi e ci aiutano ad accelerare». Quanti siete in Igoodi? «Diciotto». Ma l'avatar sarà alla portata di tutti? «Stiamo lavorando perché il servizio sia accessibile a tutti con costi molto ma molto bassi. Diverso, poi, è il discorso tra noi e i partner». Ma come è nata Igoodi? «Da quattro millennials cresciuti con i videogiochi, dall' osservazione che esiste uno sdoppiamento tra la vita reale e la vita virtuale. Dal pensiero e dall' esigenza che c' è la necessità di semplificare la nostra vita senza farsi assorbire dal virtuale e senza perdere di vista la realtà...». Ma perché un avatar? «Ci siamo accorti che l' unica cosa che mancava su internet era il nostro corpo. Quindi ci siamo rinchiusi in un garage e abbiamo iniziato a lavorare». Ispirazioni? «Abbiamo guadato al mondo del cinema per studiare la qualità delle immagini e al mondo dei videogiochi per studiare i movimenti. Messi insieme i pezzi, abbiamo sfornato la nostra ricetta, concettualizzato la piattaforma e creato l' avator». E c'è da giurare che tutti vorranno il proprio avatar. di Tiziana Lapelosa

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