Eugenio Scalfari, per il cardinale Müller è un "avversario demoniaco" del Vaticano
La parola definitiva sul presunto scontro tra i due Papi, Bergoglio e Ratzinger, causato dal libro del cardinale Sarah, la dice un altro cardinale, monsignor Gerhard Müller, uomo forte in Vaticano e già prefetto della Congregazione per la dottrina della fede sotto Benedetto XVI. In una lectio magistralis pubblicata sul quotidiano tedesco Die Tagespost, il cardinale fa chiarezza sulla questione del celibato dei preti e attacca il fronte ateista che, d' accordo con le frange bergogliane, starebbe portando avanti un progetto di dissoluzione della Chiesa. In particolare Müller se la prende col "Papa laico" Eugenio Scalfari, che si vanta di essere «amico di Papa Francesco» ma fa parte degli «avversari demoniaci del papato». Leggi anche: Antonio Socci contro l'editoriale di Eugenio Scalfari Nel suo intervento il cardinale nega, in primo luogo, che il tanto contestato contributo di Benedetto XVI al libro di Sarah sia «un atto di opposizione a Papa Francesco», perché l' irrinunciabilità del celibato dei preti non può essere materia di scontro ideologico-politico, ma riguarda la stessa natura del sacerdozio: «Il sacerdote - spiega Müller, - non è un funzionario d' azienda che offre servizi di carattere religioso-sociale», ma «attraverso l' ordinazione sacra egli viene uniformato a Gesù Cristo», e «a partire da questa conformitas cum Christo deriva il fatto che la forma di vita celibe di Cristo sia intimamente conforme al sacerdozio». Per farla breve: se il sacerdote non è celibe, non è più conforme a Cristo e quindi smette di essere sacerdote. A chiedere la fine del celibato sarebbero quanti credono di dover liberare i sacerdoti «dalla gabbia di una sessualità repressa» e dalla «pericolosa illusione» «della speranza nell' aldilà». Il vero dramma attuale della Chiesa è che sempre più costoro, «quei nemici della Chiesa provenienti dalle fila del neoateismo vetero-liberale e marxista», trovano sponda in ambienti interni alla Chiesa. Lo dimostra lo spazio lasciato al fondatore di Repubblica, Scalfari, come interlocutore privilegiato di Francesco. «L' ateo militante Eugenio Scalfari - scrive Müller, - si vanta di essere amico di Papa Francesco. Uniti dalla comune idea di una religione unica planetaria di origine umana (senza Trinità né Incarnazione), gli offre la propria collaborazione. L' idea di un fronte popolare costituito da credenti e non-credenti viene propagata contro quelli che Scalfari identifica come nemici ed avversari, tra le fila di cardinali e vescovi e cattolici "conservatori di destra". In ciò trova spiriti affini provenienti dalla cerchia di quanti si autoproclamano parte di una "guardia bergogliana".() Essi si rivelano perciò come gli avversari demoniaci del papato». Lo scopo di questa alleanza tra ateisti di sinistra e bergogliani è presto detto: trasformare la Chiesa in una grande ong "rossa". «Secondo la visione liberal-marxista - continua il cardinale, - un Papa "al passo coi tempi" sarebbe legittimato nella misura in cui portasse a termine l' agenda sconsiderata dell' estrema sinistra e promuovesse uno spirito d' unità privo di trascendenza, senza Dio e la mediazione storica della salvezza tramite Cristo». In questa deriva il cardinale evidenzia due grandi responsabilità di Francesco. La prima riguarda la dottrina, ossia il fatto che Francesco condivida l' idea di «una religione umana senza Trinità né Incarnazione». E qui l' accusa è gravissima: il Papa non crede più nel Dio Uno e Trino e incarnato. La seconda contestazione riguarda la scelta dei suoi consiglieri: «Invece dell' ateista Scalfari, che né crede in Dio né è in grado di comprendere il "mistero della santa Chiesa", Benedetto sarebbe un consigliere infinitamente più competente per il Vicario di Cristo». Come dire: Bergoglio si circondi delle compagnie giuste e non di cattivi maestri. Anche perché, ha aggiunto Müller durante una messa nella chiesa romana di Sant' Agnese in Agone, «è uno sforzo vano dialogare con Scalfari», il quale ha sostenuto «che il Papa avesse negato la divinità di Cristo», riducendo la sua resurrezione all' apparizione di uno spirito. Perché allora prestarsi a questi equivoci, continuando a dialogare con Barbapapà? di Gianluca Veneziani