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De Benedetti: "Non sapevo nulla dell'amianto"Un nuovo documento lo sbugiarda

Carlo De Benedetti

Nicoletta Orlandi Posti
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Carlo De Benedetti mette le mani avanti. Ancora non è stato interrogato in merito all'inchiesta sull'amianto in cui risulta indagato e sfrutta l'intervista di Alan Friedman per il Corsera dedicata alle primarie del Pd, per difendersi. Sostiene che la responsabilità  della presenza del "talco" cancerogeno in alcuni stabilimenti della Olivetti, in particolare nelle officine Ico, nei capannoni di San Bernardo e nel comprensorio industriale di Scarmagno, "è dei tempi di Adriano (Olivetti). Non di Adriano, ma degli architetti che hanno lavorato per Adriano". L'ingegnere sostiene al Corsere che non sapeva che c'erano problemi di amianto, ma dice una cosa non vera. Lo dimostra la lettera pubblicata su Libero l'11 novembre scorso, datata 1989 cioè quando De Benedetti era presidente, firmata da tal ingegner P. Abelli di Olivetti, riguardante alcuni lavori di manutenzione. Si legge: "È risultato confermato che l'intonaco delle varie campate, anche se di aspetto diverso da campata a campata, contiene fibre d'amianto. (…) Premesso quanto sopra riteniamo che in occasione della sistemazione dell'area si debba escludere, considerata la forma del materiale, l'asportazione e prevedere un buon intervento di mantenimento. Allo scopo si consiglia di applicare una mano di adesivo che fissi le eventuali fibre in via di distacco previo rattoppo, con scagliola o materiali simili nelle zone visibilmente danneggiate". Il documento - Non solo. I Giacomo Amadori ha trovato un documento datato 16 febbraio 1981 (che Libero pubblica oggi, mercoledì 13 novembre) con le analisi microscopica di due campioni di polveri nel quale emerge che in entrambi "è presente in elavate proporzioni la tremolite, anche in individi fibrosi". "Il riscontro di fibre afiboliche con le caratteristiche di elementi di amianto", si legge sul documento, "ha indotto a verificare sua pur sommariamente la quantità di tali fibre: in entrami i campioni si può asserire con certezza che il numero di elementi fibrosi anfibolici (tremolitici) supera le 500.000 untità per mg". Di seguito la prova che inchioda De Benedetti: "Tenuto conto dei limiti ritenuti accettabili in Usa per gli anfiboli fibrosi (1000 per mg) è agevole dedurre che i due materiali in esame non debbono assolutamente per alcun motivo essere utilizzati come "talco" industriale, se vi è la pur piccola possibilità di una relativa dispersione nell'atmosfera". Più chiaro di così.

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