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Selvaggia Lucarelli: vietate Zalone ai minori

Selvaggia Lucarelli e Checco Zalone

La sua pellicola fa molto ridere, però tante battute turbano i più piccoli. Specie i figli di genitori divorziati

Andrea Tempestini
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Lo dico subito così mi levo il pensiero: a me il film di Zalone ha fatto ridere. E pure se non mi avesse fatto ridere, direi che mi ha fatto sbellicare dalle risate, perché preferisco passare per trafficante d'armi che per radical chic. Resta però il fatto che la premessa è onesta: la pellicola è divertente, le gag funzionano e le battute non sono sempre quelle che ti aspetti. Non ci sono rumori corporali, figli che si accoppiano con le fidanzate dei padri, padri che si accoppiano con le fidanzate dei figli, strappone che restano in mutande per sbaglio e neppure ricchi cafoni. Qui i ricchi sono i comunisti. Sono i radical chic che raccolgono fondi per i bambini africani durante cene di beneficienza a base di ostriche.  Insomma, per capirci: il cinema di Zalone in confronto a quello di De Sica e del cinepanettone è Lars Von Trier.  Intendiamoci, può non piacere, ma che gli si neghi una sua dignità nel genere in cui si colloca che non è quello del cinema d'essai, mi pare un po' una forzatura. Andrà al festival di cinema di Bari e non a quello di Toronto, ma credo che Valsecchi se ne farà una ragione. Anzi, 23 milioni di ragioni. Mi pare un po' il solito snobismo di chi Zalone lo schifa pubblicamente perché in pubblico fa figo dire «Quant'è bravo Favino», ma poi aspetta Sole a catinelle in prima serata su Sky contando i giorni sul calendario. Tutta questa premessa per arrivare però a dire tutt'altro, ovvero che secondo me l'unica cosa che andrebbe sottolineata sul film del buon Checco, è che il suo successo si fonda anche e soprattutto su un equivoco.  L'equivoco, che poi è quello impresso sulla locandina, è il seguente: è la storia di un papà e di suo figlio e quindi è sostanzialmente un film adatto a grandi e bambini. Il classico film trasversale, pensato per tutta la famiglia. E sulla carta molto più trasversale dei cinepanettoni, visto che grazie al cielo c'è sempre stata una buona parte del Paese che s'è rifiutata di far divertire i figli a suon di rutti e peti assortiti. Insomma, porti tuo figlio a vedere Zalone e gli fai fare due risate sane, senza pretese. Era successo con Cado dalle nubi e con Che bella giornata (a proposito, ma i titoli meteo chi glieli fa, Giuliacci?), per cui ero certa che Sole a catinelle fosse ancora più adatto a un pubblico giovanissimo. Sbagliavo. E non ve lo dice una mamma bacchettona o antiquata, ve lo dice una madre che ha permesso al figlio di vedere Nightmare e altre amenità splatter.  Mio figlio s'è divertito, ha riso molto, ma da un certo momento in poi s'è incupito.  Il motivo è semplice: mio figlio è uno dei tanti bambini figli di genitori separati e il film, tra una gag e l'altra,  racconta una separazione con un figlio di mezzo. Qualcuno replicherà che è un film senza pretese, senza sottotesto, senza velleità di veicolare chissà quali messaggi, e però se in un film ci infili dentro la crisi, i sindacati, la politica, l'economia, la disoccupazione, le separazioni con bambini di mezzo, un po' di pretese ce l'hai.  Piccole magari, ma ce l'hai. E se hai piccole pretese, poi qualche pippone che non si fermi al fa ridere/non fa ridere te lo devi beccare. Trovo che il modo di trattare il tema separazione in maniera del tutto funzionale alla battuta, sia quel politicamente scorretto giusto e divertente per gli adulti e meno per i bambini. Soprattutto per i bambini con genitori separati, a cui spesso (e grazie al cielo) si sceglie di occultare una buona parte delle dinamiche che una separazione si porta dietro.  Il film di Zalone racconta ai figli cose che i figli di separati non dovrebbero sapere: l'astio che si può provare per un nuovo compagno, la sofferenza nel suddividersi i giorni di vacanza, la preoccupazione di offrire meno dell'altro genitore, i danni che possono fare genitori assenti e anaffettivi.  E il tutto, naturalmente, senza una struttura narrativa che conduca il bambino che vede il film da qualche parte. Si liquidano questioni delicate con battute che fanno ridere gli adulti e che a un figlio di genitori separati come il mio, pongono delle questioni importanti. Quando Zalone dice che il nuovo compagno della mamma è un coglione o piange come uno scemo perché il figlio preferisce andare in vacanza con amici o spiega al bambino i vantaggi che avrebbe nello scegliere di andare a vivere con lui (con me a letto tardi e bibite gassate), il comico barese fa una di quelle cose che i padri e le mamme separati dotati di buonsenso, non vorrebbero mai fare: raccontare cosa accade dietro le quinte di un altro film, un film serio, chiamato «separazione». Retroscena da cui i bambini andrebbero sempre tenuti lontani, perché il nuovo compagno della mamma «se ti vuole bene è una brava persona», perché la mamma è felice se ti sei divertito di più in vacanza col papà, perché nessuno ti chiede con chi preferisci andare a vivere, vivi con uno dei due genitori ma l'altro ti vuole bene lo stesso e lo vedi quanto vuoi. Questo è quello che si prova a raccontare ai figli, anche se non sempre è del tutto vero.  In più c'è un finale che alimenta false speranze (Checco e la moglie tornano insieme) e le alimenta in un modo abbastanza discutibile: la moglie se lo riprende quando vede che lui passa da una villa con piscina a uno yacht da venti metri. Che insomma, come messaggio non è proprio edificante per le donne né realistico per i bambini, perché i genitori non tornano quasi mai insieme ed è giusto che loro lo sappiano con estrema chiarezza. Nessun trauma se ci sperano e nessun trauma se vedranno questo film, sia chiaro, ma di sicuro non è una pellicola facile per i bambini che stanno elaborando e capendo.  Se poi vogliamo dirla tutta, anche la scena in cui chiama «vecchia zoccola» la maestra del figlio o quella in cui il figlio pensa che stia avendo un rapporto orale con la sua nuova amica, non sono proprio cose che hai voglia di spiegare a tuo figlio, ma non mi va di fare la beghina, anche se un dubbio m'è rimasto: che idea ha dei bambini Zalone? Mica per altro, nel film suo figlio ha sei anni e sa cos'è un rapporto orale, quando mio figlio, a otto, fatica ancora a comprendere cosa sia l'igiene orale.  E mi scusi il buon Zalone se m'è toccato il ruolo della Mereghetti del Telefono Azzurro, ma proprio perché gli è nata Gaia da poco e perché mi fa ridere senza snobismi e pregiudizi, sono certa che mi capirà. Finchè ci si riesce, ai bambini si prova a raccontare la parte migliore della vita. Gli si racconta il sole a picco. Hanno tutta l'età adulta per scoprire quello a catinelle. di Selvaggia Lucarelli

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