Mentana a Senaldi: "Processano Libero perché preferiscono colpire i soliti sospetti, non gli ingombranti"
«Toglimi una curiosità: siete un giornale di idee, perché le nascondete sotto titoli da Vernacoliere?». Se le idee non le sintetizzi in espressioni chiare e forti, chi se le ricorda, e poi come fai ad arrivare a chi non ti legge? «Capisco, ma dissento. Ci sono tanti modi per comunicare». Pensa al tuo neologismo, «webeti»: non è un complimento, ma dice tutto in modo non sostituibile in maniera altrettanto efficace. «Credo che i giornalisti si debbano dare delle coordinate, e finché restiamo tutti nello stesso perimetro dobbiamo rispettarle». Le sensibilità sono diverse, quel che per me non è offensivo, per altri può esserlo, chi ha ragione? «Se l'informazione però fosse svincolata da alcuni criteri base, essa cesserebbe di esistere, perché si perderebbe il senso della diversità tra vero e falso». La fondamentale distinzione tra fatti e opinioni. L' Ordine mi ha censurato per alcuni titoli, come «Patata Bollente», che sono appunto opinioni. Non credi che i miei colleghi che giudicano dovrebbero preoccuparsi di più di chi scrive balle o pubblica carte inesistenti? «Una cosa non esclude l' altra. L' Ordine dei Giornalisti, finché esiste, è normale che si occupi di tutti i problemi della categoria». Ma nei fatti contesta puntualmente Libero per i suoi titoli provocatori e poi, se un altro giornale apre con «Merkel culona inchiavabile», intercettazione che non risulta agli atti, potrebbe non esserci mai stata, e ha avuto implicazioni decisive sul governo e sull' immagine internazionale dell' Italia, si gira dall' altra parte. «Le sensibilità sono cambiate, credo che oggi quel titolo non sarebbe rifatto, come vorrei che non fossero stati fatti alcuni che a te invece piacciono. Comunque non ha senso applicare il Var ad avvenimenti di quasi dieci anni fa». Beh, a me ancora brucia il rigore su Ronaldo del '98. «Ognuno vede soprattutto gli episodi di cui è protagonista. Poi è ovvio che chi è più contromano si senta più perseguitato, ma guarda che fanno le pulci anche agli altri. Se poi mi tiri in ballo le intercettazioni, è evidente che il loro uso, spesso gratuito e strumentale, è uno dei punti dolenti del giornalismo italiano. Il problema però non è tanto chi le raccoglie, bensì il rubinetto dal quale scorrono. Tra tutte le figure che possono maneggiare e manipolare le intercettazioni, i soli non accusabili sono i giornalisti, visto che ce le passano». Vado piatto: lo scorso autunno due cingalesi di ritorno dal loro Paese furono ricoverati per colera al Cardarelli. Titolammo: «Colera a Napoli». Occhiello: «Lo portano gli immigrati». Scoppiò un putiferio. Lo stesso giorno, in taglio basso, il Corriere della Sera titolava «Colera a Napoli», e nessuno ebbe nulla da ridire. «Se mi vuoi far dire che in Italia c' è sempre chi ha un posto a tavola e chi no, chi viene trattato con i guanti e chi con la bacchetta, non ho difficoltà. Cito una frase iconica di "Casablanca": piuttosto che fermare l' indagato ingombrante, si preferisce andare sempre contro i soliti sospetti recidivi". È la storia del nostro Paese, in ogni ambito. Pensa a Berlusconi, ricco, potente e stravotato ma trattato per decenni come un avventizio. Chi l' ha combattuto per anni, fa ammenda solo ora, unicamente perché Silvio è stato soppiantato come nemico pubblico numero uno da un altro». Sai che Libero è stato censurato per aver pubblicato fedelmente un verbale dei carabinieri, che descriveva con un' espressione cruda lo stupro della ragazza polacca a Rimini, due anni fa? «Io non l' avrei pubblicata, mi fece arrabbiare. Però oggettivamente pubblicare un verbale dei carabinieri non dovrebbe essere sanzionabile». Se ti dicessi che noi di Libero siamo vittime di razzismo del pensiero: basta che parliamo e c' è chi d' istinto ci accusa? «Sarebbe vero se chiudessero Libero o ti impedissero di scrivere, per ora venite solo contestati». Ogni volta che un titolo di Libero non piace a una parte dell' opinione pubblica, l' Ordine apre un procedimento disciplinare nei nostri confronti. Spesso i suoi consiglieri ne parlano prima sui loro social. Risultato: centinaia di messaggi che invocano la chiusura del nostro giornale e la mia radiazione. Non credi che qualche collega stia aizzando il fuoco contro di noi? «Voi però un po' ve la cercate. Per come sono fatto io, non chiuderei mai un giornale, neppure se commettesse reati. Non scherziamo, nessuno può mettersi al di sopra della libertà di stampa». Sei diventato un difensore dell' Ordine dei giornalisti? «Nel Paese che vagheggio, l' Ordine non dovrebbe esistere. L' innovazione tecnologica ha sfondato completamente la nozione di creatore di informazione. L' Ordine si concentra sulla carta stampata perché è la sola informazione controllabile e sanzionabile, ma questo dimostra solo che non è più in grado di vigilare sul flusso di notizie, e quindi la sua esistenza ha perso significato». Enrico Mentana, direttore del TgLa7 e recente fondatore del sito-web di informazione Open, non è uomo che fa sconti. Neppure a chi lo intervista. Più volte ha contestato i nostri titoli, per questo sentirlo alla vigilia di un' audizione presso l' Ordine dei Giornalisti, dove verrà passato al setaccio il «metodo Libero» è un' ottima preparazione all' appuntamento. Ma grazie a Dio non è critico solo con noi. Non perdona all' intera categoria di aver sagomato l' informazione in modo che non si capisce più bene cosa sia fiction e cosa sia realtà. E sul punto sfido la sua pazienza e mi incaponisco. Nei giorni in cui Libero fu censurato per uno dei nostri titoli che neppure ricordo, un eminente membro del Consiglio di disciplina dell' Ordine firmò uno scoop su un' inchiesta che gettava ombre sulla vendita del Milan, puntualmente smentita dalla Procura nel giro di 24 ore e a oggi mai aperta. Ovviamente neppure l' Ordine aprì inchieste, anche se la notizia era sensibile Separiamo le opinioni sgradite o sgradevoli, peccati venali, dalle balle, colpose o dolose, peccati mortali? «E va bene, le prime sono lesioni, i secondi omicidi. In un periodo in cui la credibilità di qualsiasi giornalista è messa in discussione e la nostra professione è assediata dalle fake news non c' è dubbio che la cosa più grave che un professionista possa fare sia mentire scientemente, perché distrugge la reputazione di tutta la categoria». Sia Di Maio sia Salvini non perdono occasione per attaccare i giornali: questo significa che la libertà d' informazione è a rischio? «Ma è sempre stato così. Anche Berlusconi e Renzi non amavano la stampa e se fosse stato possibile ne avrebbero fatto a meno. Silvio diceva che il miglior consiglio che gli ha dato la Thatcher è stato ignorare i giornali, anche se lui non c' è mai riuscito. Oggi, grazie a Facebook e ai social, il leader leghista e quello grillino possono rivolgersi agli elettori senza intermediazioni, e se ne approfittano, spesso assumendo un atteggiamento vittimistico nei confronti della stampa senza essere neppure sottoposti a contraddittorio». Perché i giornali istituzionali sono così contrari al governo? «Penso che sia anche una reazione. Il governo li attacca e loro rispondono». Si parla di «pericolo fascismo»: tu lo ravvisi? «È evidente che in questo momento la democrazia ha un minore appeal rispetto a un tempo. Noi figli del Novecento sappiamo che la democrazia è dialogo e mediazione, non come oggi dove sembra ridotta al fatto che chi vince governa e chi perde rosica. Però il fascismo è morto e non tornerà e non è vero che Salvini è fascista, ma se non gli dispiace del tutto passare per tale perché ammicca anche a quell' elettorato». Non è che la sinistra accusa Salvini di fascismo perché ha pochi argomenti? «Si assiste a fenomeni preoccupanti ed è normale che chi è cresciuto nella cultura novecentesca li interpreti con le chiavi di lettura di allora e appiccichi a fatti nuovi etichette vecchie. Però oggi è tutto diverso. Negli anni '70 e '80 l' emergenza era molto più alta, c' erano il terrorismo nero e quello rosso, centinaia di persone che sparavano e uccidevano per una rivoluzione neofascista o una comunista, altrettanto utopistica e sciagurata, e c' erano milioni di individui nostalgici del Ventennio o che vedevano l' Urss come un modello. Questo non tornerà, anche se ai miei occhi novecenteschi c' è un' involuzione delle garanzie democratiche e, conseguentemente, c' è una deriva giustizialista». M5S sta inseguendo la sinistra su giustizialismo e anti-fascismo? «L' ha superata, direi. M5S e Lega hanno occupato tutti gli spazi possibili del dibattito, lasciando il Pd e Forza Italia, ovverosia l' opposizione, senza munizioni. Su famiglia, opere pubbliche, sicurezza, tasse, gli azzurri non riescono a smarcarsi da Salvini, come i democratici ormai inseguono i grillini su giustizia, temi etici e sostegno ai poveri». Si però M5S e Lega dovrebbero governare insieme anziché tirarsi cazzotti. «E perché? Siamo in campagna elettorale e si sono spartiti i ruoli, secondo tradizione italiana, uno fa il guelfo e l' altro il ghibellino e gli altri sono fuori dal proscenio. Non è detto che dopo il voto non vadano avanti, divisi ma insieme». Perché M5S cala e la Lega sale? «Salvini aveva la possibilità teorica di prendersi tutto il centrodestra, e più o meno lo sta facendo. M5S era una forza di protesta, ma la protesta o è soddisfatta o è delusa, e in entrambi i casi non paga alla lunga, perché l' opinione pubblica non si sazia mai, altrimenti Renzi governerebbe ancora grazie agli 80 euro. E poi la Lega è un partito strutturato, con un leader e una classe dirigente nuova ma alla seconda generazione, Cinquestelle è un neonato. Ha fatto un miracolo a prendere il 50% l' anno scorso al Sud, terra tradizionalmente di voto di scambio, senza aver nulla da offrire. Ora gli si presenta il conto». Quanto durerà Salvini? «Berlusconi è esploso quando è crollato il comunismo, Renzi quando è crollato il berlusconismo, infatti a votarlo sono stati soprattutto i moderati. Poi è venuto fuori Salvini, che ha rubato i voti che Renzi aveva sottratto al centrodestra, lasciandolo solo con l' elettorato di sinistra, che però non si riconosceva in lui. Salvini durerà fintanto che riuscirà a occupare tutti gli spazi del centrodestra e della destra. Ma anche lui ha fatto un miracolo, cosa gli vuoi dire, partiva dal 3%? Cosa gli manca?». Gli manca di governare lui in prima persona, visto che è il leader più apprezzato della forza che ora ha più consensi. «Ma in Parlamento ha solo il 17%. La maggioranza va costruita, ma mi sembra che lui abbia preso una via diversa dal tradizionale centrodestra, non vuole riproporre su scala nazionale il modello lombardo o veneto. Certo, deve fare in fretta, perché la storia spesso è un pendolo». di Pietro Senaldi