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Imane Fadil, Renato Farina e il terribile sospetto: una vergogna contro Silvio Berlusconi

Davide Locano
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Non usate una povera ragazza morta, di cui nulla v'importa, come cadavere da gettare tra i piedi del vostro nemico politico, antropologico, esistenziale senza del quale neppure esistereste, ma il cui imperdonabile torto è di non decidersi a finire anche lui stecchito per il giubilo di tutti. Due sono le notizie certe. Il resto sono punti interrogativi miscelati come acido da spalmare in faccia al vecchio arnese di Arcore. Le cose sicure sono: il decesso tra atroci dolori di Imane Fadil; lo sciacallaggio mediatico che morde il corpo della ragazza e lo sputa sulla reputazione di Berlusconi. Ovvio: tutti capiscono che sarebbe assurdo sospettarlo di omicidio, proprio per il banale principio dell' a-chi-giova. Poi però lo si incastra con l' esagerato numero di coincidenze. Scrive ad esempio Marco Travaglio: «Il cui prodest, una volta tanto, allontana i sospetti da B., che tutto poteva augurarsi fuorché il ritorno dei bunga bunga sui giornaloni, che li avevano rimossi per riabilitarlo... Ma i vari ambienti criminali, italiani e internazionali, che circondano B. autorizzano i soliti sospetti di eccessi di zelo, favori non richiesti o messaggi ricattatori». Repubblica idem, Massimo Giannini non sta nella pelle per la gioia: ovviamente cita Karl Marx, e «il morto che afferra il vivo... (Imane Fadil) fatalmente risucchia» Silvio Berlusconi. Avete letto bene: l' azzimato e elegante Giannini sulla prima pagina, accanto al nume Eugenio Scalfari, scrive di una ragazza morta che «risucchia» un signore di 83 anni che le ha rovinato la vita. Trattasi di linciaggio insieme allegro e macabro. Rancore che usa le tenaglie verbali al riparo dalle querele, perché l' ambiguità aiuta a nascondere la mano e a ferire lo stesso. Leggi anche: Imane Fadil, all'obitorio il diktat della procura LA FORCA Libero non ha risparmiato severe critiche politiche a Berlusconi, il quale ha ricambiato con manifesta antipatia e boicottaggi trasversali il nostro quotidiano. Amen, abbiamo retto e reggiamo il colpo. Ma qui si costruisce la forca e si appende sul niente il fu Sua Emittenza oggi pitturato come Sua Delinquenza. Elenchiamo con la durezza che impone la cronaca gli elementi emersi e quelli creati. Per prima cosa però oso esprimere la speranza che finalmente la sventurata ragazza abbia ricevuto quella "carezza del Nazareno" dopo tutte quelle fasulle o interessate che ha ricevuto nella sua breve vita. Imane Fadil, 34 anni, marocchina, è morta a Rozzano (Milano) il 1° marzo, in circostanze tali da indurre la procura a indagare per omicidio volontario. I dolori tremendi cominciarono a manifestarsi a metà gennaio. Viveva in miseria, dentro una casa infestata dai topi. Le diagnosi incerte propendevano per un tumore che avesse aggredito il midollo o per una malattia autoimmune. Due ipotesi smentite dal decorso del male: non era né cancro né lupus. La ragazza aveva enunciato la certezza di essere stata avvelenata. La Procura si è limitata ad affermare che i sintomi sono «compatibili con un avvelenamento». La «compatibilità» della versione ufficiale si è tramutata - grazie a fonti formalmente anonime di un cronista del Corriere della Sera assai stimato nelle stanze alte e basse del Palazzo di Giustizia ambrosiano - in certezza di omicidio, che si assicura causato da potenti e misteriose sostanze radioattive, presenti solo negli armamentari di potenze nucleari. Ma non esiste alcun riscontro. Il centro anti-veleni di Pavia (Maugeri) non ha strumenti per identificare tossicità di questo tipo. Del resto una diagnosi di questo genere richiede, anche in istituti attrezzati, molto tempo. E allora perché questa asserzione? È magia? Intuizione investigativa? Imane Fadil era testimone d' accusa nel processo dedicato a Ruby, alle Olgettine, a Berlusconi e al suo entourage. In numerose interviste aveva raccontato le oscenità delle notte di Arcore dove sosteneva di essere stata otto volte. Il bunga-bunga non era sesso ma un raduno diabolico dove - lo scriviamo senza voler insolentire con l' ironia una signora morta - sarebbe intervenuto Lucifero in persona. I più importanti siti internazionali hanno identificato subito il nesso. Ad esempio quello della BBC: «"Bunga bunga" model Imane Fadil death investigated». Bunga bunga: si investiga sulla morte della modella... Assolutamente asettico, ma un macigno suggestivo sul petto di Berlusconi. La notizia ha un rilievo mondiale (ne parlano non solo il New York Post, ma anche l' agenzia russa Sputnik) per il legame che evoca scenari da omicidio di mafia. La ragazza stava scrivendo un libro sulle sue vicende. Non c' è nulla - secondo coloro che ne hanno letto le bozze - che vada al di là dei racconti da lei già ampiamente resi noti. La sua testimonianza non era ritenuta dai magistrati così decisiva né la sua posizione a rischio. Tant' è che non era stata protetta. COSA NON TORNA In conclusione. C' è una sproporzione visibile a occhio nudo tra il peso processuale ma anche mediatico di Imane Fadil e il suo (ipotetico e forse probabile) assassinio. Insomma: farla tacere non valeva l' orrenda fatica di un omicidio. E allora - se davvero si è trattato di una esecuzione e per di più con armi di potenza inaudita - perché? Occorre smetterla di tessere tele con bava di ragno velenoso. In fin dei conti stiamo tutti giocando con supposizioni. (Tra parentesi, molto tra parentesi, assai sommessamente qualche spunto di riflessione. Magari anche per puntare i riflettori su colpe che nessuno osa accennare davanti alla maestà infallibile delle toghe. Il bunga-bunga ormai si era perso nelle nebbie di una assoluzione piena - anche se tutti lo dimenticano - e questo nuovo processo sulla corruzione di testimoni avanza scricchiolando nel generale disinteresse ed è interpretato dai più come una stentata rivincita della Procura di Milano dopo la sconfitta in Appello e in Cassazione. Adesso riprende corpo, fascino perverso, curiosità internazionale, definitivo seppellimento politico ma anche umano di B. Se è omicidio, ed è ciò che la Procura suppone, com' è possibile che il medesimo soggetto giudiziario non abbia percepito il rischio reale che Imane correva e che lei stessa aveva denunciato a piena voce? Eppure per queste inchieste dette bunga-bunga sin dagli inizi non ci si è posti limiti di intercettazioni, pedinamenti, ipotesi di reato poi smentite in sede di giudizio. Trascuratezza? Culpa in vigilando? Qui chiudo la parentesi). di Renato Farina

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