Vittorio Feltri, case abusive e stragi: ecco come funziona al Sud nel nostro Paese
Di seguito, pubblichiamo l'intervento di Azzurra Noemi Barbuto e la risposta di Vittorio Feltri sull'abusivismo al Sud. Caro direttore, sembra essere una naturale ed irrefrenabile propensione di ciascuno di noi, non solo dei politici, cercare i colpevoli senza mettersi mai in discussione. Oggi la responsabilità dei 32 morti che abbiamo avuto negli ultimi giorni è del cambiamento climatico, di una Natura, «Madre maligna», che ci massacra perché insensibile nei confronti degli esseri umani, come se noi non potessimo farci niente, al massimo fare un po' di manutenzione del verde. Il premier Conte ha dichiarato a Palermo: «Spesso abbiamo registrato qualche intralcio burocratico per la ripulitura dei corsi d' acqua, ci sono vincoli paesaggistici per la rimozione di un albero». Eppure non è questo il problema, semmai il suo opposto: è la mancata osservazione dei limiti imposti dal paesaggio stesso a seminare morti. È la mania di costruire ovunque e ad ogni costo, come se si fosse padroni indiscussi del territorio, in barba ad ogni legge e soprattutto ad uno Stato che si vuole sempre fottere, in quanto avvertito come ostile, ad uccidere. Ed ecco che si edifica sul letto del torrente, «ché tanto è da decenni che è semi-asciutto», o sull' orlo del precipizio, «ché tanto qui non passa nessuno», o addirittura sulla spiaggia, «ché così è più comodo fare il bagno a mare». Codesto modo di pensare è così impresso nelle menti di coloro che abitano in certe aree della penisola, dove «ognuno fa quel che gli pare», che risulta addirittura normale vedere che il vicino ingrandisce il suo immobile, o costruisce un altro piano, il tutto senza autorizzazioni e senza conseguenze. L' illegalità è un modus vivendi, un' abitudine sedimentata. Tale comportamento viene emulato, anzi chi non lo imita è un idiota. Ed ecco cosa questo lassismo e questa malversazione perpetrata alla luce del sole hanno determinato: lo spettacolo desolato di un territorio in cui edifici sorgono come funghi, senza che ci sia un piano regolatore, e restano in uno stato permanente di incompletezza, che contribuisce a rendere lo scenario terribilmente triste e degradato. La mia amata terra, la Calabria, è martoriata dalle costruzioni mai completate, sono prive di intonaco e prodotte con materiali scadenti. Restano incompiute per decenni, o per sempre, tanto non importa a nessuno, il piano superiore non è che un rudere, eppure quegli schizzi sono considerati un nido sicuro da coloro che vi abitano. Tante volte, osservando le opere mai finite, le dimore messe in piedi sui burroni, o addirittura su quei fiumiciattoli che noi chiamiamo «fiumare», mi sono chiesta quali motivi avessero spinto i proprietari illegittimi di quei beni illegittimi ad investire i propri risparmi nella erezione di qualcosa che probabilmente sarebbe stato abbattuto. Alla fine mi sono data una risposta: è la certezza del fatto che tanto quella pila di mattoni non sarà distrutta mai. Ossia che lo Stato non ci ficcherà più di tanto il naso, perché sta da un' altra parte. Solo le calamità naturali potranno abbatterle, ma è un' ipotesi mai considerata. E purtroppo a volte si muore, perché l' abusivismo uccide. E allora ci si accorge all' improvviso di quelle case, che non dovrebbero stare lì, ma che continuano a stare lì. Quelle case davanti alle quali tutti quanti abbiamo chiuso un occhio. A volte anche due. Tali abitazioni raccontano della mia terra un altro aspetto, che mi suscita un' estrema e dolorosa tenerezza: l' arte di arrangiarsi che il calabrese ha dovuto acquisire ed interiorizzare per andare avanti in una regione continuamente depredata dagli invasori giunti da ogni dove. Allora ci si ritaglia il proprio spazio, aggiungendo un mattoncino qui e uno lì, per campare. Oggi, però, questo spirito di sopravvivenza ai danni magari del padrone non ha più motivo di esistere. Esso si è tradotto ed è tracimato in un' arroganza ed in un disprezzo della legge che non possono essere più tollerati. Chi perpetra o chi accetta l' abusivismo fa del male al suo territorio, a se stesso e alla sua famiglia. Dovrebbe essere diffusa qualcosa che adesso è del tutto assente: la cultura della sicurezza. La coscienza che in una zona a forte rischio sismico e non idonea alla costruzione sia da folli e pericoloso andare a vivere potrebbe costituire un deterrente ben più forte rispetto alla consapevolezza di stare violando la legge. In fondo, chi non ci tiene alla pellaccia? di Azzurra Noemi Barbuto *** Cara la mia calabresella il problema è addirittura più complesso di come tu lo poni. L'abusivismo edilizio è diffuso al Sud per un motivo semplice: non v'è chi lo combatte, nemmeno gli enti locali che avrebbero l' obbligo di controllare cosa accade sul territorio. In Molise 71 case su 100 sono illegali eppure mai alcuno, né sindaci né assessori, si è sognato di impedirne la costruzione. Se io edifico laddove non si può, non lo faccio in una settimana, mi servono almeno sei mesi. Possibile che durante tutto questo tempo nessuno dell' amministrazione comunale si accorga che sto compiendo una operazione illegittima? È inammissibile. Significa che esiste una complicità tra il costruttore e coloro che dovrebbero verificare la liceità del manufatto. Tu privato fai quello che vuoi, io uomo delle istituzioni fingo di non saperlo e, dopo alcuni anni, il comune è pieno zeppo di villette abusive, che non c' è anima che provvederà ad abbattere. Perché al Sud usa così. Tu mi assicuri il voto per le prossime elezioni e io consento che tu compia le irregolarità che ti garbano. Non vi sono implicazioni antropologiche. I terroni sono identici ai nordici. La questione è diversa: l' ambiente condiziona i comportamenti. Se sai che in Calabria nessuno ti punisce qualora ti venga in mente di erigere una palazzina abusiva, la erigi e amen. Così fan tutti? Così fai pure tu, essendo convinto che ciò nella sostanza sia possibile. Se aggiungi che non avrai difficoltà ad ottenere nella tua abitazione illegale l' allacciamento elettrico, dell' acqua e del gas, non ti verrà mai il sospetto di aver commesso un reato. Il sistema crea quindi una rete di complicità che produce disastri: gli amministratori comunali non fiatano di fronte alle tue porcherie per motivi elettorali, le aziende fornitrici di energie abbozzano per convenienza, ovvio che l' intera torta condivisa diventi di dominio pubblico. Non c' è nulla da aggiungere. Se delinquere è tollerato dal costume sociale, chiunque delinque persuaso di averne diritto. di Vittorio Feltri