Sergio Marchionne, la rivelazione-bomba di Melania Rizzoli: "Ecco perché ha taciuto la sua malattia"
La cosa triste è che non si parla più dell' uomo Sergio Marchionne, ma soltanto della sua malattia, se ha fatto bene a tenerla segreta o aveva il dovere di renderla pubblica, visto il suo ruolo di responsabilità primaria in una azienda quotata in borsa, con i relativi risvolti giudiziari di una indagine diventata ormai internazionale. Ognuno di noi ha reazioni differenti quando viene colpito da un problema di salute più o meno grave, alcuni decidono di condividere la propria esperienza con parenti e amici, o addirittura sui social, rendendo noto ogni dettaglio, altri affrontano la malattia in totale solitudine non facendone parola con nessuno, cercando di nasconderla, proteggendola dal clamore e dalla pietà altrui, negandola e rifiutando di mostrarsi fragili e vulnerabili. In questo caso specifico però, stiamo parlando di una celebrità, di un personaggio eccezionale, che aveva l' onere del governo dell' Fca e dell' amministrazione del suo impero economico, ed il riserbo sulla sua salute, scelto ed attuato da Sergio Marchionne, è stato giudicato un atto grave, da molti considerato un occultamento della verità, un tradimento della trasparenza dell' agire, un atto non coraggioso ed irresponsabile rispetto al suo mandato, in pratica una falsa debolezza mascherata da interessi e una macchia indelebile del suo glorioso curriculum. In casi come questi infatti, la malattia viene interpretata come una condizione di fragilità, che significa vulnerabilità, ed un governatore vulnerabile e limitato nelle sue decisioni non viene ritenuto adatto a governare, dovendo affrontare dolore ed infermità che impediscono la pienezza quotidiana del comando. Nel caso di un amministratore delegato di grande importanza per la società inoltre, che si trovi in condizioni di salute talmente gravi da non poter lavorare, o dedicarsi a tempo pieno al gravoso impegno, è altamente probabile che la diffusione della notizia possa incidere sulla quotazione del titolo, e di conseguenza l' azienda si trova davanti a due scelte, rendere subito pubblica la malattia, o tenerla segreta per pubblicarla contestualmente alla nomina del successore, come di fatto è accaduto con Fca, quando John Elkann ha scritto ai dipendenti per comunicare che Sergio Marchionne non sarebbe più tornato al lavoro solo dopo la nomina di Mike Manley. La moderna contemporaneità della comunicazione ci ha abituato a conoscere ogni dettaglio di potenti e celebrità, ci ha permesso di seguire quotidianamente la loro vita pubblica e privata, le loro relazioni sbandierate, gli affetti esibiti e gli amori rubati, gli scandali sbattuti sui social, i successi personali e le brucianti delusioni, in una giungla di tweet, di foto e commenti postati su Instagram e su Facebook senza alcun filtro di privacy, quotidianamente fatta a pezzi in rete da ogni utente che interviene, che risponde e con essi si relaziona, e siamo così abituati a seguire ogni dettaglio della loro vita che l' idea di non sapere la verità sulla loro salute sconcerta e lascia esterrefatti, fa crollare il mito malsano della conoscenza invasiva, della forzata confidenzialità, e della abituale frequentazione virtuale che appare violata, delusa da una omissione grave come quella della negazione dell' imperfezione della malattia. Questione di ruoli - Che non ci si possa ammalare in segreto lo hanno capito molti cosiddetti vip, e sono state soprattutto le star dello spettacolo e dello sport ad aprire la strada, a fare outing sulle proprie patologie, ammettendo la propria vulnerabilità, avvicinando ulteriormente il pubblico in un moto di solidarietà ed ammirazione, comunicando ai fan bollettini medici e clinici puntuali, con foto durante le flebo infuse a casa o al capezzale, con le immagini delle teste calve dovute alla chemioterapia, condividendo con i loro followers paure e speranze, progressi e fallimenti terapeutici, mostrandosi sinceri, fragili e dannatamente umani. Ma i vip non sono tutti uguali, perché cantanti, attori, calciatori sono sì dei modelli, ma al contrario di leader politici, aziendali o di governo non hanno responsabilità dirette, ed il tumore di Nadia Toffa, per esempio, è un dramma che ha destato emozione tra i suoi estimatori, ma non ha innescato una crisi internazionale come nel caso si fosse trattato di un capo di Stato. Tutto dipende dai ruoli. In America, per esempio, dove la trasparenza è obbligatoria e dove non esistono zone d' ombra ove trovare rifugio, la salute dei politici è sempre sotto i riflettori, e sia Hillary Clinton che Donald Trump hanno dovuto tacitare le voci di sintomi neurologici mostrando certificati medici di sana e robusta costituzione durante l' ultima campagna elettorale. Dimenticate la scuola di occultamento delle malattie dei potenti del secolo scorso, quando Breznev, Chernenko, Deng Xiaoping o Fidel Castro sparivano dai media ufficialmente per un raffreddore pur essendo moribondi, perché da molti anni ormai la malattia ha smesso di essere una vergogna, un segreto da occultare, o il segnale di una decadenza fisica e cerebrale irreversibile, perché oggi in alcuni casi essa diventa addirittura una battaglia civile, una cosa da non nascondere ma da comunicare ed esibire, per infondere speranza, per mostrare coraggio, per lottare insieme ed incitare gli altri a non mollare. Estrema difesa - Ammettere la vulnerabilità avvicina le stelle dello star system alla terra, e la loro salute non è più una faccenda privata, ma interessa milioni di fan che si riconoscono in quella fragilità, che apprezzano la forza di carattere di mostrarsi afflitti, malati, deboli e senza pudori. Per i grandi manager è esattamente la stessa cosa, con la differenza però che la loro salute ha un peso e un costo rilevante che si riflette, che interessa e riguarda migliaia di azionisti e di investitori, e la scelta di Sergio Marchionne di mantenere il riserbo assoluto può anche essere criticata, non condivisa e perseguita, ma deve essere considerata una debolezza altrettanto coraggiosa, perché oltre ad essere, forse non legalmente, ma umanamente legittima, è stata forse per lui una generosissima difesa estrema dell' azienda e della sua intera comunità. Quello che è stato sottovalutato, e che non è stato detto o scritto, è che lui non si aspettava affatto di morire così presto e improvvisamente, non immaginava una complicazione così grave durante l' intervento alla spalla, dal quale non si è più svegliato, perché in quel caso avrebbe sicuramente pianificato la sua uscita prima di entrare in sala operatoria, avrebbe comunicato il suo stato di salute a chi di dovere ed avrebbe messo al sicuro l' azienda sotto tutti i punti di vista, comportandosi con la serietà ed il rigore dell' uomo che era e che ha sempre dimostrato di essere. Quando si è consapevoli della gravità della patologia che si porta addosso, che ti divora lentamente e che si fa sentire a livello fisico e psicologico, non è affatto facile far finta di niente pubblicamente, andarsi a curare di nascosto e in anonimato nei fine settimana e non dedicarsi completamente ad essa mandando al diavolo riunioni, meeting e viaggi intercontinentali. Non è da tutti, non è scontato e comporta un aggravio del peso delle responsabilità con ripercussioni fisiche pesanti. Per approfondire leggi anche: Sergio Marchionne, le "prove inquinate": dalla Svizzera l'ultima bomba sulla sua morte Due strade - Sul caso Marchionne indaga anche la Securities and Exchange Commission, la Consob americana, poiché Fca è quotata anche a WallStreet, e l' organo di controllo ha ribadito che tecnicamente «le società non sono tenute a rivelare problemi di salute dei dirigenti». La questione comunque è molto complessa, sarà sviscerata ed analizzata a partire dalle cartelle cliniche, perché in casi come questi la privacy del manager non viene considerata più inviolabile, anzi, il fatto che lui l' abbia mantenuta o difesa potrebbe essere interpretato come un tentativo di insider trading, nascondendo una grave malattia che avrebbe potuto influire sul prezzo delle azioni. Di Sergio Marchionne non si parla più dell' uomo che era, del grande amministratore delegato che ha salvato la Fiat dal fallimento, del professionista che tutto il mondo economico ci invidiava, ma si discute solo della sua malattia, della sua diagnosi e delle sue cure, non di come la grave patologia lo ha condotto a morte, ma della sua importanza materiale, se cioè il suo stato di salute ed il suo desiderio di tenerlo segreto può aver provocato comportamenti illeciti da parte dell' azienda o di alcuni azionisti od investitori. Ognuno di noi decide come combattere le proprie battaglie, ma quando si tratta di quella decisiva per la vita la sfida dipende dal carattere, dal contesto e dal ruolo, oltre che dalla personalità e dalle responsabilità di ciascuno, e non ci sono regole se farsi prendere dalla paura, dallo sconforto e mollare tutto, o continuare il proprio impegno mascherando il dolore crescente nell' inesorabile cammino verso la morte. Il punto è chiedersi quale delle due cose valga di più la pena. di Melania Rizzoli