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Pdl, Ferrara ad Alfano: "Hai vinto, ora riconsegnati a Berlusconi. Il vero leader è lui"

Il direttore del Foglio Giuliano Ferrara

L'Elefantino sul Giornale: "Inutile parlare di destra europea, sono chiacchiere di sinistra. Angelino deve ripartire dal Cavaliere"

Giulio Bucchi
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Tra Alfano e i falchi ha vinto Alfano. E ora ceda tutto di nuovo a Silvio Berlusconi. L'arbitro della furente contesa nel Pdl è Giuliano Ferrara, che sul Giornale commenta a modo suo la lotta tra il vicepremier, i "ministeriali", Raffaele Fitto e i "lealisti". Secondo il direttore del Foglio, sulla questione della fiducia al governo Letta, Angelino Alfano ha raccolto le "adesioni di un numero di parlamentari pensosi delle sorti del Paese (e delle loro personali)". Di fatto, sostiene l'Elefantino, da quel momento il Cavaliere non ha più "potere di vita e di morte sul governo", e neppure sul partito. A questo punto, è inutile parlare di "traditori" da una parte così come è anche più dannoso, ricorda Ferrara, soffermarsi a riflettere sul "modello Partito popolare europeo, moderati, destra moderna". Tutte "chiacchiere di sinistra", chiosa il direttore, "patemi d'animo degli antiberlusconiani che non si limitano a voler andare in galera l'Arcinemico" ma che "vogliono anche impossessarsi anche della sua eredità". "Scissionismo senza speranza" - L'eredità di Berlusconi, invece, appartiene solo a Berlusconi. E Alfano, ammonisce Ferrara, farebbe bene a ricordarselo. Perché per 20 anni gli elettori di centrodestra si sono riconosciuti in quel modello, "una leadership personale nel bene e nel male, con tutti i difetti che questa soluzione ha comportato". Il guaio per Alfano è che anche ora, nei sondaggi, è il Cavaliere a fare da traino al partito e non il contrario. Ecco perché Alfano ha solo una soluzione: "Deve essere abbastanza furbo" da rinunciare a uno "scissionismo senza speranza finale" e a un "ministerialismo che verrebbe travolto dalle cose e dagli umori dell'Italia". Per evitare tutto questo, il segretario azzurro dovrà tornare "da Berlusconi" e "a Berlusconi": nell'ordine, rimettere in agenda la questione giustizia, i tagli strutturali a spesa e tasse, sviluppo. Riprendere insomma la rivoluzione liberale troppo presto abortita dal centrodestra. La vittoria, parziale, sul Cavaliere e i falchi Santanchè e Verdini c'è stata. Ora l'unica speranza è ripartire da dove Berlusconi, Alfano e Pdl erano rimasti un secondo prima di quella rottura.

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