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Dalla Puglia alla Calabria: i fan di Tosi al Sud

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Flavio Tosi

Spuntano sindaci e associazioni che si schierano con il leghismo moderato del primo cittadino di Verona

Andrea Tempestini
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Strategia borbonica o affezione terronica. «Non è una questione di Nord contro Sud: ad esempio, la Puglia è migliore del Veneto nel rapporto dipendenti comunali su abitanti...». Non è Nichi Vendola, è Flavio Tosi. Quando, domenica scorsa, nel cuore padano di Mantova, tra i 6000 fans del suo movimento Ricostruiamo il paese,  Tosi ha pronunciato la suddetta frase (una fucilata gentile in faccia a Luca Zaia, governatore leghista della propria  regione, colà assente...), be', la fiammella della rivoluzione culturale s'era già accesa, oltre il fuoco fatuo del Carroccio. Tosi, leghista geneticamente modificato, aveva infranto l'ultimo tabù padano: il nord vale quanto il sud. Anzi. Attaccando tutte le regioni a statuto speciale («Quel che non possiamo sopportare è che nel Trentino Alto Adige, che si trattiene il 90% delle proprie tasse, il 40% degli abitanti sia dipendente del pubblico impiego»), il sindaco di Verona era riuscito ad  attestare che parassitismo pubblico, inefficienza, levantinismo italico sono democraticamente spalmate su tutto lo stivale.  In verità, quando Tosi -in asse con Passera e la Coldiretti, ammantato da soffusa aura democristiana - ha sdoganato il mezzogiorno, non ha fatto altro che addentrarsi nel solco politico di Bobo Maroni; il quale - pochi lo ricordano - nel 2012 dichiarò che sul bluff della diffidenza territoriale, del movimento xenofobo e razzista, del sud brutto, sporco e cattivo, la Lega ci aveva marciato per infornare consensi. Insomma, le cose cambiano. Lo stesso Tosi, ai tempi del suo pionierismo politico, prima di sostituire in ufficio la foto di Napolitano (partenopeo) con quella di Pertini (savonese doc), amava presentarsi in municipio con un leone da circo al guinzaglio al grido veneto di «El leòn magna el teròn». Ma si cresce. E lo studio stempera i livori, l'esperienza trasforma i caratteri intemperanti in menti ospitali, come direbbe Borges. Oggi Tosi è il più pacato dei rivoluzionari.   Da candidato premier d'un centrodestra e di un'Italia che ancora non ci sono, tende verso il sud alla ricerca di un bacino elettorale tutto da inventare, radicando il suo programma in tutto il territorio. La terronanza tosiana spira da qualche anno. L'estate scorsa  Tosi passava le vacanze a Ostuni, accolto a braccia aperte dal sindaco Pd Domenico Tanzarella; lì si stupì di un vecchietto che gli offriva un caffè in strada, «dalle mie parti non sarebbe mai accaduto...». Non è vero neanche questo, si è sempre terroni di qualcun'altro. Eppure, se Borghezio, o Renzo Bossi con molti dei suoi duri e puri, fino alla caduta della Lega paterna, dichiaravano con orgoglio di non essere mai scesi più a sud di Roma, Tosi accettava inviti a dibattiti e pubbliche disfide in Campania, a Palermo, a Pescara da professori di antropologia che ne studiano il profilo, a Napoli dove riceveva il Premio Partenope. A Brindisi affermava: «A livello di sicurezza questa città ha saputo uscire dal periodo della Sacra Corona Unita». Nell'agosto scorso Tosi era ospite a Reggio Calabria di Cittadinanza Mediterranea, movimento  nato dalla questione meridionale trattata da Francesco  Nitti e Benedetto Croce e oggi teso al dialogo col nord. Disse, davanti a una folla di calabresi che neanche nell'hinterland di Milano: «Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio. Il Sud non è solo malaffare e mafia, ed il Nord non è sempre virtuoso ed immune dal malaffare. Bisogna giudicare caso per caso, questo Paese o si salva assieme, oppure affonda assieme», lasciandosi dietro una scia d'applausi. Il nuovo rapporto di Tosi con la razza terrona, la sua graduale mutazione antropologica, nasce da amici, collaboratori, sostenitori. Tra i suoi consiglieri spiccano un siciliano e due pugliesi - di Altamura e del Salento - di prima e seconda generazione.  Tra i veronesi che l'hanno votato -costringendo sè stessi a votare Lega - s'ergono esponenti della pubblica amministrazione, dirigenti di aziende municipalizzate, associazioni di militari con cui spesso ci si scambia idee e auguri, in trattoria, nelle austere sale di Palazzo Barbieri, tra i corridoi del Circolo Ufficiali di Castelvecchio, in Assindustria. Tosi, nel tempo libero, non bazzica più solo l'Hellas e il Papà del gnoco, la maschera del Carnevale veronese; ha imparato ad apprezzare Totò (anche se qualche volta il vernacolo gli sfugge) e la magna Grecia che gli evoca gli studi classici al liceo Maffei; le orecchiette e la nduja; l'allegria sudista come strategia. Gli servirà. di Francesco Specchia

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