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Giovanardi: "Angelino è il nostro Bergoglio"

Il senatore paragona il vicepremier a Papa Francesco e il Pdl alla Dc: "Prima c'è stato De Gasperi, ma poi sono venuti Moro, Fanfani e gli altri"

Nicoletta Orlandi Posti
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Senatore Carlo Giovanardi, a lei si deve il documento con le firme dei dissidenti del Senato. È il capo degli scissionisti del Pdl? «Io veramente resto dov'ero. Non mi muovo. Sono gli altri gli scissionisti. Mi scusi, ma se lei che è di Libero domani mattina si trasferisce all'Unità, chi è che ha cambiato idea?». Cambiare idea o cambiare leader di riferimento? Via Berlusconi dentro Alfano? «Guardi che io non ripudio nessuno! Non ho mai ripudiato Silvio Berlusconi e non sono un rottamatore. Però bisogna pensare al futuro». Il futuro che hanno in mente le colombe del Pdl è senza il fondatore? «Quando Ratzinger si è dimesso non è che ha chiuso la chiesa cattolica. È arrivato Francesco. E Ratzinger non è sparito, continua ad avere un ruolo importante. Però adesso c'è Bergoglio. È come nella Dc: prima c'è stato De Gasperi, ma poi sono venuti Moro, Fanfani, gli altri. È normale». Chi vi chiama traditori vi imputa il fatto che avete scelto un momento difficile per il Cavaliere. Alla vigilia della decadenza… «Ma io difendo Silvio! E continuerò a dire che gli stanno facendo una mascalzonata. L'ho detto perfino a lui, in un colloquio sereno che abbiamo avuto. Sono membro della Giunta e mi sto battendo per evitare che si arrivi a metà ottobre con un voto traumatico nell'Aula del Senato».  Come? «Spero che nel Pd prevalga il senso di responsabilità e si ascoltino le tesi di Onida, Manzella, Violante e altri illustri costituzionalisti del Pd, che hanno dichiarato che la legge Severino è incostituzionale. La mia opinione è che il giudizio sulla decadenza deve essere sospeso, anche perché comunque subito dopo arriverà il verdetto della Corte d'Appello di Milano».  Se fosse stata confermata la manifestazione del Pdl lei ci sarebbe andato o no? «Assolutamente no. Ho detto a Silvio: tu sei matto a convocare la piazza nel giorno in cui la Giunta sta discutendo il tuo caso. Inutile dire che la lettera della convocazione ai parlamentari era firmata dall'organizzatrice Santanchè». È sempre lì il nodo: i super falchi? «La questione è che ci sono due concezioni molto diverse, direi quasi inconciliabili, del partito. Noi siamo e rimaniamo nel Pdl e vogliamo fare un partito che sia collegato al partito popolare europeo. Loro vogliono una forza monocratica, con un'organizzazione decisa da un'oligarchia e poi il Ppe non li vuole. Mi spiega come faccio io, con il mio patrimonio di idee, ad andare d'accordo con Galan che tifa per le nozze tra omosessuali? O con il radicale Capezzone? Sono due realtà diverse». Quindi via libera a due gruppi diversi? «Penso sia inevitabile. Nella riunione di mercoledì sera eravamo più di 90 parlamentari. Al Senato siamo parecchi». I falchi sostengono che il vostro attaccamento al governo Letta sia un attaccamento alle poltrone.   «Ma se Berlusconi ci ha promesso: vi dimettete tutti e poi sarete tutti ricandidati! Io, però, non mi sono mai dimesso. Vengo dall'Udc, ho una mia storia. Le decisioni prese da Berlusconi negli ultimi dieci giorni, su consiglio dei cosiddetti falchi, sono state disastrose. Lo hanno condotto in un tunnel dal quale lui, che è una persona intelligente, per fortuna ha saputo uscire votando la fiducia al governo. Governo nato soprattutto grazie a lui». È possibile che qualcuno di voi alfaniani, nel segreto del voto, sia pro decadenza? «Ma sta scherzando? Berlusconi deve essere difeso e faremo di tutto per impedire la sua decadenza da senatore. Nessuno si sogni di pensare che qualcuno degli alfaniani non sia in linea con questo! Ma se anche Berlusconi avesse fatto cadere il governo, la decadenza sarebbe arrivata ugualmente perché i lavori del Parlamento sarebbero proseguiti. Forse questo i falchi non l'hanno detto a Silvio». di Brunella Bolloli 

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