Di Giacomo, primo dei non eletti Pdl: "Berlusconi indegno. Deve decadere"
Il primo dei non eletti del Pdl in Molise si schiera a favore della decadenza e spara: "Berlusconi non ha i requisiti morali per stare in Senato"
Di Ulisse Di Giacomo si è cominciato a parlare dopo la condanna a Silvio Berlusconi nel processo Mediaset: con la decadenza del Cavaliere, è lui l'uomo che ne prenderebbe lo scranno al Senato. Una poltrona che fa gola, molta gola, al potenziale onorevole molisano. Di Giacomo è pronto a tutto pur di prendersela. E' pronto anche ad aprire il fuoco (verbale) contro il suo leader, bollato come una persona senza i "requisiti morali" per tenersi lo scarnno a Palazzo Madama. Una sorta di tentato regicidio, una violenta rivolta contro il proprio leader. Nel nome della poltrona. L'eversione - L'antefatto è di pochi giorni fa, quando su Facebook, dopo la notizia delle dimissioni dei ministri azzurri, Di Giacomo ha sentenziato: "Il Pdl è morto. Quello che è rimasto è un gesto di irresponsabilità ai limiti dell'eversione". Parole che avevano pronunciato, tanto per intendersi, personaggi come Antonio Di Pietro e Guglielmo Epifani all'indomani del videomessaggio con cui Berlusconi annunciava il ritorno a Forza Italia. Dunque Di Giacomo annunciava: "Non aderirò a Forza Italia, resto nel campo dei moderati". Così, nel nome del Pdl, preparava il campo per prendersi la poltrona del suo teorico leder. Per inciso, pochi giorni prima aveva messo in chiaro che "se Berlusconi decade, io voterò per Letta". La memoria - Altre bordate, ancor più sorprendenti, arrivano poi nella memoria con cui Di Giacomo, primo dei non eletti in Molise, contesta l'elezione del Cavaliere. Un documento redatto dal suo avvocato, Salvatore di Pardo, e depositato lunedì 30 settembre in Giunta per le Immunità del Senato. In breve, Di Giacomo sostiene a spada tratta la validità della legge Severino e si schiera a favore del lavoro svolto dalla Giunta stessa: il "successore" boccia in toto la linea difensiva di Berlusconi, ne invoca la decadenza al più presto, in nome - come detto - di una presuntà "indegnità morale". L'indegno - Già, perché Di Giacomo parla proprio di "indegnità morale". La memoria recita: "Quello che ha deciso il legislatore è semplicemente di stabilire che chi ha scelto di effettuare una frode fiscale ed è stato condannato a scontare 4 anni di carcere non ha i requisiti morali che sono necessari per sedere in Parlamento e che chi ha scelto di effettuare una frode fiscale ed è stato condannato a scontare 4 anni di carcere non ha i requisiti morali che sono necessari per partecipare alla formazione delle leggi che tutti i cittadini devono rispettare”. Il giurista Di Giacomo non ha dubbi: il Cav è colpevole. "Ed è l'assenza di tale requisito morale che determina l'impossibilità di ricoprire la carica". Il pasdaran - Quindi la veemente difesa della legge Severino: è valida perché non è norma penale, e dunque non può essere retroattiva. "Si tratta di un effetto di natura amministrativa che si applica a chi è stato condannato in via definitiva, facendogli perdere il diritto all'elettorato passivo". Per non farsi mancare nulla, come un qualsiasi pasdaran grillino, Di Giacomo infine si scaglia anche contro la "sconcertate" tesi di interpellare la Corte di Giustizia europea. Cosa non si è pronti a fare per una poltrona...