Celentano salta la coda al Pronto soccorso
Il molleggiato in vacanza in Liguria si rompe il dito del piede, si presenta in ospedale con la guardia del corpo in taxi ed entra subito in radiologia
La sala d'attesa di un pronto soccorso, in una località di vacanza, a mezz'agosto: l'inferno. Magari non vi siete fatti niente, solo la microfrattura di un mignolo del piede, ma prima di essere visitati, prima che vi facciano la lastra, avrete tanto di quel tempo da poter riflettere su tutta la vostra vita. La fila è uguale per tutti, soprattutto in un pronto soccorso, non c'è che pazientare e aspettare il proprio turno. A meno che non siate un po' meno uguali degli altri. Un cantante famoso con alle spalle decenni di carriera e milioni di dischi venduti nel mondo e anche con la fama di profeta, un profeta vicino al popolo, agli umili, tanto da sfoggiare una proprietà di linguaggio ruspante ma efficace. Ecco, un cantante come Adriano Celentano. Ma no, direte, figurati se Adriano, il tredicesimo apostolo (anzi, se non se ne ha a male diciamo quattordicesimo, prima verrebbe San Paolo), l'uomo dalle prediche eloquenti quanto i suoi silenzi, si comporta da arcitaliano doc, da privilegiato, e per giunta in un pronto soccorso, passando avanti agli altri assistiti (ora si dice così, non più pazienti) in attesa. Quella è roba da provinciali arricchiti, da arroganti incivili. Frattura al mignolo Ora, ci sarà stato senz'altro un motivo, un dolore intollerabilmente acuto al mignolo, un appuntamento importante con un discografico, la scrittura urgente di un messaggio per la salvezza del mondo, o almeno per la salvezza delle sue vacanze a Bordighera, sta di fatto che ieri il Secolo XIX riportava la notizia che nel pomeriggio di martedì scorso Adriano, fratturatosi il mignolo nel Grand Hotel del Mare dove usa trascorrere le vacanze estive, è andato al pronto soccorso di Sanremo accompagnato dalla fida moglie, Claudia Mori, e da una guardia del corpo e, senza passare per il carnaio del pronto soccorso, affollato più di una spiaggia libera all'ora di pranzo, si è imbucato nel reparto di radiologia. Lì gli hanno fatto la lastra e, constatata la rottura del mignolo del piede, Celentano è tornato al Grand Hotel sorridente e riposato, a differenza degli altri pazienti, anzi, assistiti, che avranno atteso regolarmente il loro turno per essere visitati, non avendo mai cantato “Azzurro” o “Chi non lavora non fa l'amore” se non sotto la doccia, cosa che evidentemente li rende irreparabilmente cittadini di serie B. Certo, nessuno è così ingenuo da credere che Adriano Celentano, le prediche che faceva in televisione, le intendesse rivolte a se stesso. Lui, come tutti i predicatori improvvisati, che spesso hanno scoperto la vocazione dopo aver guadagnato già un bel gruzzolo, e che si sono trovati di fronte un pubblico di fedeli già predisposti perché lo avevano conquistato non profetizzando la vita eterna, ma un bacio come un rock che ti fulmina sul ring, è quel tipo di predicatore che definiremmo “su misura”, che più che migliorare il mondo in generale, vuole migliorare il suo. Vuole il verde non perché lui abiti in una capanna in mezzo al bosco nutrendosi delle coltivazioni del suo orto, ma perché fuori dalla sua sontuosa villa non vuole i palazzi e lo smog delle macchine, ma file di alberi. Non vuole le guerre perché portano scompiglio e affossano il mercato discografico. Sta dalla parte delle foche non perché «la caccia e contro l'amore», come scrisse dimenticandosi l'accento sulla lavagnetta di un Fantastico che fece scalpore, invitando milioni di spettatori incauti a annullare la scheda elettorale scrivendovi sopra lo slogan animalista, ma perché delle foche non sa nulla, non gli hanno mai dato fastidio, non le ha mai sentite mugolare insopportabilmente nel cortile di casa sua né l'orribile fetore che emanano se appena ti si avvicinano. Allo stesso modo, non vuole le file nella sanità pubblica perché non sa sopportare un dolorino da microfrattura al mignolo. La nota di risposta Adriano è così riuscito a mettersi in condizione di vivere in una villa, di passare le vacanze estive nel Grand Hotel, di difendere gli animali da pelliccia e di ripudiare la guerra perché tutte queste cose sono una minaccia al suo quieto vivere, apparentemente da piccolo-borghese, ma che piuttosto corrisponde a quello di un simpatico Caligola insofferente. E se gli altri vogliono anche loro un mondo migliore, un regno di alberi, foche, pace perpetua e raggi x ultrarapidi, imparassero prima di tutto a cantare bene quanto Adriano, e poi a farsi le loro prediche su misura. In questo senso, ieri ha diffuso una nota tramite il suo blog, intitolata «la vigliaccheria dei giornali». In cui si mostra sconcertato: «È incredibile l'interessamento e l'apprensione di stampa e tg per la piccola frattura che mi sono causato al 5° dito del piede. E nessuno, dico nessuno, ha sprecato una parola per la battaglia che da 10 giorni porto avanti sul Fatto Quotidiano contro le micidiali navi giganti di Venezia. Cosa devo pensare? Che il mio mignolo è molto più importante della catastrofe a cui sta andando incontro la città più bella del mondo?» e via pontificando. Nessun cenno alle polemiche sulla coda aggirata. E però in fondo, una coerenza negli anni, nel comportamento di Celentano, c'è. Invece quei poveretti che aspettavano il loro turno nel pronto soccorso del “Borea” di Sanremo, quando mai si sono sognati di conquistare il privilegio di tagliare la fila come Adriano? Saranno stati pure onesti lavoratori, ma chi non lavora, non fa la fila. di Giordano Tedoldi