Giordano contro Benigni: "Un comico finito che si riduce a insultare il Pdl"
Nell'ultimo show accusa: "In piazza a Roma tutti pagati". Ma che dire del cachet Rai di 5,8 milioni di euro per il flop su Dante?
Benigni ha avuto un altro dei suoi colpi di genio: ha attaccato Berlusconi. La fantasia del comico toscano non ha davvero limiti, mai premio Oscar fu onorato con tanto scialo di creatività: c'era una battuta sui processi («Non ha fatto tempo a comprarsi i giudici»: ah ah, da scompisciarsi), poi una sulle accuse («ci manca solo il furto di bestiame», ah ah che spasso), poi una sulle condanne («Accompagnerà i vecchi a giocare a bingo»: aiuto, tenetemi che sto morendo dal ridere). E poiché i grandi artisti devono sempre saper sorprendere e spiazzare, Benigni ha attaccato anche nell'ordine: Bondi («È tornato», ha detto con un'ironia senza pari), la Santanchè («Ha comprato 4 bazooka») e Brunetta («Si vestirà da Rambo»). Poi ha concluso con il gran finale e finalmente ha tirato fuori dal repertorio la battuta inaspettata: se l'è presa con il Pdl. Chi l'avrebbe immaginato, eh? Ha attaccato tutto il partito, tutti i militanti, soprattutto coloro che hanno avuto l'ardire di scendere in piazza ma che «ovviamente sono stati pagati, senno chi ci andava». E questa (detto tutto) è stata la sua battuta più felice della serata. Ora il primo evidente problema è che siamo di fronte a una crisi d'ispirazione epocale. Lo dico con sincera preoccupazione: siamo cresciuti con il Benigni rivoluzionario dell'Altra domenica, l'abbiamo ammirato nei film indimenticabili come Johnny Stecchino e il Mostro, l'abbiamo seguito con Troisi nei viaggi dentro il tempo, l'abbiamo accompagnato trionfanti a ritirare l'Oscar. Come facciamo ora a riconoscerci in un comico che fa battute che non passerebbero nemmeno alla compagnia dell'oratorio della Valchisone? Fate qualcosa: limitategli le scemenze, mettetegli un autovelox per le cretinate, aiutatelo a capire che con la vecchiaia anche la vena artistica si può inaridire, trovategli uno, due o cinque autori, regalategli un tutor che gli blocchi battute come quelle dei bazooka della Santanchè o di Bondi che torna, che non fanno ridere nemmeno se, menre lui le dice, qualcuno fa il solletico sotto i piedi a tutti gli spettatori, uno per uno. Davvero, ne va del futuro di un premio Oscar. Se ci tenete davvero non potete far finta di nulla, dovete fermare il declino di un ex comico che ripete sempre più stancamente il suo repertorio fuori dal tempo e dallo spazio, come l'anziano Buffalo Bill al circo. Già le sue ultime prestazioni cinematografiche sono state una pena: La tigre e la neve è stata definita dal New York Times «un'offesa all'intelligenza degli italiani» e la sua comparsata in To Rome With Love di Woody Allen è meglio dimenticarla per amor di patria. Adesso sta strapazzando quel sant'uomo di Dante, e passi, dopo aver maltrattato la Costituzione, e passi pure quello: ma perché deve ridursi a fare la copia di Grillo, con molta meno verve e meno inventiva? Questo purtroppo è il Benigni attuale, questo di tant'arte oggi ci resta: un Grillo senza l'energia e le trovate geniali di Grillo, un Grillo senza lo Tsunami Tour, al massimo con il venticello tiepido e sicuro della Festa del Pd, un Grillo politicamente corretto, che ripete stancamente luoghi comuni che ormai suonano stantii anche ai militanti democratici che cuociono la salamella, un Grillo che si nasconde dietro l'immensità di Dante e di Santa Croce per diffondere messaggi faziosi che lo riducono inevitabilmente alla bega politica di giornata con Brunetta o chi per lui. Può uno che vuol fare l'artista ridursi al ruolo di capo-corrente? Può uno che vuol spiegare la Divina Commedia scendere nell'umana operetta quotidiana delle liti in Transatlantico? Benigni si decida: se vuole fare politica, la faccia. Si candidi, cerchi voti, esprima idee e non solo ironia di quart'ordine. Se vuole tornare ad essere l'artista che era, beh, si prenda un po' di riposo, e torni con qualche battuta che faccia ridere, provi a rinnovare il repertorio, magari allargando il suo orizzonte visuale qualche metro oltre Arcore, se ce la fa. In entrambi i casi però lasci stare le battute sui prezzolati: quelli che sono scesi al Plebiscito in una domenica d'agosto l'hanno fatto per passione, punto. O il sedicente comico riesce a dimostrare il contrario dati alla mano o non deve permettersi di offendere chi ha un'idea, fosse anche un'idea diversa dalla sua. E poi, per quanto riguarda i soldi, Benigni dovrebbe avere un po' di pudore: mi pare che fosse proprio lui quello che ha raccontato di aver devoluto i 250mila euro di compenso per il suo ultimo Sanremo all'ospedale infantile Meyer di Firenze, non è così? Ebbene: non risulta che quei soldi siano mai arrivati. E poi mi pare anche che per le dodici puntate di Dante sulla Rai, chiusesi con un flop di ascolti clamoroso, Benigni abbia incassato 5,8 milioni di euro. Soldi dei contribuenti pagati attraverso il canone e buttati via per riempire le sue tasche. E su queste cifre di questi tempi purtroppo c'è poco da ridere. Proprio come sulle sue battute. di Mario Giordano