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Scelta civica, la notte dell'ira di Monti: "Mi dimetto, mi avete deluso tutti"

L'ex premier Mario Monti

Il Professore vuole la testa del coordinatore Olivero, troppo filo-Udc. I cattolici dicono no e lui sbotta: "Allora non sono più presidente". Corpo a corpo coi colleghi e dietrofront

Giulio Bucchi
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Una tragedia moderata. "Signor notaio, nel verbalizzare che si è deciso di accettare la mia proposta senza procedere ad un voto la prego di aggiungere che il presidente rassegna le dimissioni e se ne va". Alle 2 di notte, dopo una riunione tesissima, Mario Monti è deciso a mollare la poltrona di presidente di Scelta civica e, sostanzialmente, il movimento che lui stesso aveva fondato appena 9 mesi fa, alla vigilia delle elezioni politiche poi perse malamente. I deputati e i senatori suo colleghi sono sbigottiti. Qualcuno si mette in mezzo e gli sbarra la strada: "Questa è la fine, così siamo finiti. Non può andare via presidente", ricostruisce quei momenti convulsi l'agenzia Agi. L'harakiri del Professore ha un motivo preciso: lo slittamento verso l'Udc e i cattolici del suo partito, simboleggiato dalla presenza del coordinatore Andrea Olivero la scorsa settimana a un convegno sul popolarismo organizzato dagli uomini di Pierferdinando Casini. Monti era preoccupato, anzi adirato: lui da settimane cerca di cucire le due anime di Scelta civica, quella liberale-montezemoliana e quella cattolica-riccardiana, ma la mossa di Olivero gli ha fatto saltare per aria tutte le carte del suo fragilissimo castello. Per questo voleva la testa di Olivero, o si sarebbe dimesso. E per qualche minuto, Monti si è dimesso davvero. "Mi avete tutti deluso" - Tra i più decisi a far recedere Monti è stato Alberto Bombassei, l'imprenditore tra i fondatori di Scelta civica. E così il Professore torna sui suoi passi: "La prego di riconsiderare le mie parole e la mia intenzione di non rassegnare le dimissioni", dice al notaio, più quieto. "E' stato un gesto di forte responsabilità, un momento di debolezza durante una trattativa così difficile", commentano da Scelta civica. Ma il caso non è chiuso: "Mi sento profondamente amareggiato, mi avete deluso tutti quanti", avrebbe ripetuto ai suoi (in particolare i più vicini ad Andrea Riccardi e alla Comunità di Sant'Egidio) colpevoli di non aver voluto sostituire Olivero che il premier avrebbe voluto "retrocedere" al ruolo di capo di un gruppo di studio per riformare il movimento. In ballo c'è il futuro europeo di Scelta civica: aderire al Ppe, entrando nella famiglia popolare di Casini (e Berlusconi) oppure all'Alde, come vorrebbe il gruppo di ItaliaFutura più vicino ai liberaldemocratici. La scelta è un bivio, a Bruxelles e a Roma. E non è detto che il partito vada compatto in una direzione.

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