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Di Pietro: "Potevo salvarlo, se lo avessi arrestato". Ma l'avvocato Flick lo smentisce

Eliana Giusto
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Dopo la dichiarazione choc di Antonio Di Pietro ("Potevo salvare Raul Gardini. Se lo avessi arrestato non si sarebbe tolto la vita") e le polemiche seguite (vedi la lettera di Stefania Craxi e le accuse di Cirino Pomicino), anche l'avvocato dell'imprenditore che si suicidò vent'anni fa prima dell'arresto, Giovanni Maria Flick, smentisce l'ex pm di Mani Pulite. Sempre dalle colonne del Corriere della Sera, la polemica va avanti.  La ricostruzione dell'avvocato - "Non è vero che Gardini fosse rientrato a Milano la sera tardi, il giovedì, alla vigilia dell'appuntamento in Procura. Non so cosa si siano detti Di Pietro e i carabinieri che sorvegliavano la casa di piazza Belgioioso", spiega Flick, "fatto sta che Gardini era a Milano da tre giorni e quel giovedì l'avevamo passato insieme a preparare l'interrogatorio". L'imprenditore, continua l'avvocato, "era terribilmente angosciato all'idea di non saper rispondere, spiegare, chiarire da quando con il divorzio era stato estromesso dalla famiglia Ferruzzi. Si sentiva un uomo fallito. Sono convinto si sia ucciso proprio per questo: per il peso della sua sconfitta umana, familiare, imprenditoriale e per l'angoscia di non poter documentare come le cose erano andate davvero". Troppo tardi - Flick va avanti: "L'interrogatorio con Antonio Di Pietro e Francesco Greco non era imminente, a mia memoria era fissato per il pomeriggio, a mercati chiusi. Posso dire con certezza di essere arrivato in piazza Belgioioso per primo, insieme all'ambulanza. E Di Pietro non c'era. A mia memoria arrivò abbastanza tardi". Flick dice anche di aver chiesto a Gardini di mettere per iscritto tutto quello che avrebbe raccontato al pm "ma non lo fece" e nemmeno indicò il nome del destinatario del miliardo di lire portato a Botteghe oscure. 

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