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Sallusti: "Il Corriere? Aveva due direttori, Mieli e Borrelli"

Alessandro Sallusti

Il direttore del Giornale chiarisce gli anni di tangentopoli e il 1994 vissuto in via Solferino: "I magistrati là erano di casa, ma non toccavano mai il Pci"

Ignazio Stagno
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Alessandro Sallusti si confessa. In un'intervista al Foglio di Giuliano Ferrara, il direttore de Il Giornale racconta i suoi anni al Corriere della Sera, eil suo rapporto con Paolo Mieli col quale ha discusso con toni accesi durante l'ultima puntata di Ballarò. La polemica è scoppiata dopo che Sallusti ha accusato Mieli di aver sempre strizzato l'occhio alle toghe quando negli anni Novanta veniva abbattuta con tangentopoli la prima Repubblica e veniva tirato giù, nel 1994, il primo governo Berlusconi. Al Corriere le toghe erano di casa - Ora Sallusti chiarisce quegli anni in via Solferino e racconta anche di Mieli: "Quando pubblicammo l'avviso di garanzia che poi avrebbe fatto cadere il primo governo di Silvio Berlusconi, ero felicissimo. Era uno scoop pazzesco. E lo rifarei. Ma si tratta di capire perché certe notizie te le passano. Sin dai tempi di Mani pulite il Corriere aveva due direttori, Mieli e Francesco Saverio Borrelli, il procuratore capo di Milano".  I magistrati ci passavano tutto - Sallusti è un fiume in piena e aggiunge: "I magistrati ci passavano le notizie, con una tempistica che serviva a favorire le loro manovre. Mi ricordo bene la notte in cui pubblicammo l'avviso di garanzia a Berlusconi. Fu una giornata bestiale, Mieli a un certo punto, nel pomeriggio, sparì. Poi piombò all'improvviso nella mia stanza, fece chiamare Goffredo Buccini e Gianluca Di Feo, che firmavano il pezzo, e ci disse, pur con una certa dose di insicurezza, di scrivere tutto, che lo avremmo pubblicato. Parlava con un tono grave, teso. Quella notte, poi, ci portò in pizzeria, ci disse che aveva già scritto la lettera di dimissioni, se quello che avevamo non era vero sarebbero stati guai seri. Diceva di aver parlato con Agnelli e poi anche con il presidente Scalfaro. Ma poi ho ricostruito che non era così, non li aveva nemmeno cercati, secondo me lui pendeva direttamente dalla procura di Milano". Insomma per Sallusti c'è un filo rosso che unisce il Corriere della Sera e la procura di Milano. La storia si ripete. E questa volta non cade solo un governo. Stavolta si elimina il leader del maggior partito italiano di centrodestra. (I.S)

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