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Sallusti infilza Mieli: "Il Corriere è la voce delle toghe, ieri appello mafioso alla Cassazione"

La replica dell'ex direttore: "Eppure tu nel 1994 eri in via Solferino..."

Sebastiano Solano
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E' arrivata come un fulmine a ciel sereno, ieri 9 luglio, la decisione della Cassazione di fissare per fine luglio l'esame della sentenza d'appello del processo Mediaset. Un eventuale sentenza di condanna ai danni di Silvio Berlusconi avrebbe, molto probabilmente, effetti anche sulla tenuta dell'esecutivo guidato da Enrico Letta. E di questo si è parlato anche ieri serà a Ballarò, dove erano ospiti, tra gli altri, Paolo Mieli dorettre di Rcs e Alessandro Sallusti.direttore de Il Giornale.  Appello mafioso del Corriere -  Tra i due sono state subito scintille. Infuocato il commento del direttore de Il Giornale, che prima accusa i giudici: "Si dà già per scontato che quella sentenza è scritta, perché in realtà è già scritta". E poi attacca Il Corriere della Sera, reo, a suo dire, di aver lanciato "lanciato un'appello mafioso alla Cassazione". Il riferimento è ad un articolo di Luigi Ferrarella, che in mattinata sul quotidiano diretto da De Bortoli paventava la possibilità che, per una serie di meccanismi giurdici, la sentenza del processo Mediaset potesse slittare di un anno.  Il Pdl non starà con le mani in mano - Se per molti un'eventuale sentenza di condanna sancirebbe la fine politica del Cav, per Sallusti le cose stanno un po' diversamente: "E' da 18 anni che la parabola di Berlusconi è data per finita. Già in questa trasmissione mi è capitato un paio di volte negli ultimi 3 anni di celebrare il funerale di Berlusconi. Io non sono convitno che sarà così". Poi spiega: "La sentenza di condanna toglie l'agibilità politica. Berlusconi finirà in mano di un giudice di sorveglianza che gli dirà se e quando può incontrare, parlare e telefonare Alfano, Cicchitto, il leader dell'opposizione, di un altro partito. Viene tolta l'agibilità politica a tutto il Pdl". Da qui, la previsione: "Non credo che tutto il Pdl agirà in silenzio al fatto che venga tolta l'agibilità politica al suo leader – ed essendo un partito di forte leadership – a se stesso". Borrelli direttore del Corriere - Sallusti va poi a ritroso negli anni, al '94, anno d'inizio della Guerra dei vent'anni: fu proprio nell'anno della discesa in campo, infatti, che il Cav ricevette il primo avviso di garanzia, anticipato proprio dal Corriere della Sera. Sul punto, il commento di Sallusti è al veleno: "C'è un'anomalia. Tutta questa vicenda parte da un'anomalia, da un avviso di garanzia inviato dal Corriere della Sera a Silvio Berlusconi. Io c'ero al Corriere. Inizia il calvario giudiziario di Berlusconi. Il Corriere della Sera è stato artefice di una bufala della Procura della Repubblica e si fa protagonista anche della fine di questa avventura. Secondo me non è una coincidenza". Poi l'affondo al quotidiano di Via Solferino: "Ci dobbiamo chiedere di chi è il Corriere della Sera in questo Paese. Se parliamo del Corriere della Sera parliamo della prima banca d'Italia. E' il giornale che fa da gazzettino alla Procura della Repubblica di Milano. E oggi ha lanciato un avviso mafioso alla Corte di Cassazione, dicendo: occhio che se fai quello che devi fare Berlusconi la scampa anche stavolta. Per cui non fare quello che devi fare e cambia il comportamento”. Corriere voce delle toghe - Il Corriere, insiste Sallusti, è da vent'anni "la voce delle toghe milanesi". Mieli però non ci sta e ricorda a Sallusti come nel '94 fosse stato Sallusti a impaginare (lo scoop fu dei cronisti Gianluca De Feo e Goffredo Buccini, Sallusti era il caporedattore) la notizia dell'avviso di garanzia al Cav. Replica, stizzito, Sul ruolo del Corriere non ho molto da dire. Merito del Corriere di avere in questo campo i migliori giornalisti italiani da vent'anni, tra i quali vent'anni fa, nel momento in cui ‘mandammo' l'avviso di garanzia a Berlusconi, c'era anche in un ruolo di rilievo Sandro Sallusti". Mieli lancia poi una frecciatina a Sallusti: "Lui sa come andarono le cose. L'ha più volte raccontato. Se lui potesse dire una sola notizia di un padrone, di un potere forte…". Ma il direttore de Il Giornale non ci sta e risponde per le rime: "I direttori del Corriere della Sera erano due: tu e Borrelli".  Botta e risposta - La vicenda dell'avviso di garanzia infiamma il dibattito. Mentre Sallusti sostiene che quell'avviso fosse falso, per Mieli invece era una notizia da dare. La discussione scivola poi sul personale: "Noi, giornalisti di quell'epoca eravamo nelle mani dei procuratori della Repubblica, in maniera a critica e supina, molti lo sono tuttora, come molti colleghi del Corriere della Sera", attacca Sallusti. E ancora: "Sarà una coincidenza ma tu pochi anni dopo hai fatto un endorsement per Romano Prodi". Replica Mieli: "E' una coincidenza allora se tu sei andato al quotidiano di Berlusconi". Sallusti: "No, una scelta". Conclude Mieli: "E la mia? Non puoi pensare che anche la mia sia una scelta? 

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