La filosofa De Monticelli, la grilla parlante di Grillo
La De Monticelli sel saggio "Sull'idea di rinnovamento" dà lezioni all'Italia e va in estasi per i proclami del comico
E se il M5S fosse stato un temporale in piena estate, durato lo spazio di un mattino? I risultati delle recenti Amministrative porterebbero ad avallare questa ipotesi. Se così fosse, se cioè la nostra ipotesi di un lento declino del movimento si avverasse, sul terreno rimarrebbero questa volta poche vittime illustri: la capacità italica di salire sul carro del vincitore per poi scenderne in corsa, come diceva Ennio Flaiano, non ha avuto tempo e modo di manifestarsi. Eppure, qualche vittima di secondo piano in campo intellettuale c'è stata. Non mi riferisco al povero professor Becchi, che ha incassato il suo quarto d'ora di celebrità, per poi tornarsene dove era stato una vita: agli astratti studi di filosofia del diritto nell'ateneo genovese. Penso piuttosto alla moralista in servizio permanente effettivo che risponde al nome di Roberta De Monticelli, ora impegnata a mondare l'anima sua da ogni peccato con conferenze e libri di «riscossa morale e civile». Chi meglio di Grillo, avrà pensato la brava professoressa, può oggi garantire un servizio lavanderia, rapido ed efficace, per la propria coscienza? Ed ecco che, con altrettanta rapidità, la nostra ha licenziato in questi giorni, per i tipi di Raffaello Cortina, un pamphlet che non nasconde nemmeno troppo di essere una sorta di Manifesto per il grillismo che lei riteneva, ma forse appunto già non è più, avanzante: Sull'idea di rinnovamento (pp.102, euro 9). «Lo sfondo di questa riflessione», scrive, «è la presenza forte e nuova sulla scena italiana di un movimento che predica e tenta di attuare una graduale trasformazione di sistema della vita politica italiana - e, nelle sue ambizioni, globale: da democrazia rappresentativa a democrazia diretta». Hai detto niente! Come allora non essere rapiti e soggiogati da questa vecchia/nuova idea di cambiamento radicale, come non approfittarne e farsi la novella Rousseau della situazione (visto che l'altro ideologo, il Casaleggio dalla lunga chioma, sembra del tutto sfornito degli strumenti del mestiere né soprattutto è introdotto nei salotti che contano ove la nostra è di casa). Il «rapimento» della De Monticelli, che come ampiamente spiega ha ad oggetto l'idea di un cambiamento radicale sia individuale sia sociale, finisce così per assomigliare in modo impressionante all'estasi mistica che predicavano sante come Teresa d'Avila o Caterina da Siena. Grillo riesce a far ribollir le vene dell'autrice di questo libro così come lo Sposo (il paragone non suoni irriverente) faceva con quelle di Caterina. È un fremito rapido, deciso, ma che non mente, suppergiù un orgasmo: finalmente «qualche brivido, qualche soffio come di primavera ha potuto sfiorare questa superficie color di topo». Ma se poi dal mistico si ridiscende al prosaico, al comune ambito della ragionevolezza se non proprio della razionalità, l'asino casca e qualche non lieve problemino sorge. Prima parlavamo di pulizia dell'anima, ma non basta, qui ci si vuole purificare, disinfettarsi, immunizzarsi da ogni contagio. Ovvero, si vuole evitare ogni contatto con quella plebaglia corrotta che ci sta attorno e che, in caso di sconfitta, ci porterà, come ha portato Grillo, a dire che «è tutta colpa degli italiani». «Il vero male - sentenzia sicura la teorica dell'anima bella - non è il male, ma la mescolanza del bene e del male. Così come la vera menzogna non è la bugia isolata, ma la mescolanza del vero e del falso». E così continua, senza che ombra di dubbio la sfiori: «Ogni rinnovamento morale aspira in primo luogo a distinguere l'uno dall'altro, per difficile che sia, anche in se stessi. Non ha molla più profonda che il disgusto dell'ambiguità, per quanto radicata essa sia nella condizione umana. Questa spinta catara c'è, in ogni movimento che voglia rinnovarci». Ove è evidente che la scelta della De Monticelli per un'etica rigida, più che kantiana direi pietistica, viene non solo confermata ma anche radicalizzata rispetto agli altri due recenti puntate di quella vera e propria trilogia dell'indignazione che Cortina si è prestato a pubblicarle (mi riferisco ai precedenti volumi, rispettivamente del 2010 e del 2011: La questione morale e La questione civile). Ed è evidente che una tale scelta, convinta o interessata poco importa, è poco o punto filosofica. È errata in punto di logica; pericolosa e persino immorale dal punto di vista etico - politico. Nel primo caso, comporta una sorta di normativismo etico che vuole piegare la realtà, che è fatta anche di elementi passionali e irrazionali, ad un'idea di ragione astratta e semplicemente disumana; nel secondo, va considerato che se noi non concepiamo la vita come un nesso indissolubile e per molti versi indistricabile di male e bene, se non teniamo conto nell'azione di questa coappartenenza (cioè del fattto che male e bene hanno la stessa radice), finiremo (casomai con le migliori intenzioni o senza accoirgercene), per fare del male al prossimo. Il bene possibile, ci dice quella filosofia moderna che De Monticelli non considera affatto, non è quello di palingenetici rinnovamenti e rinascite (nell'ultimo capitolo si inneggia a «un'idea di catarsi»), ma l'altro semplice, prosaico che se siamo ben disposti si realizza, in modo sempre imperfetto e precario, nelle concrete e individuali situazioni umane. Il vero male è proprio nello spezzare il nesso, nel voler realizzare un Bene astratto che non è umano e che in fondo non è affatto un bene. Casomai teorizzando proprio quell' «uomo nuovo» (di cui parla favorevolmente un altro capitolo di questo libro) su cui i totalitarismi novecenteschi hanno fondato la bontà della loro azione. Inutile dire che di quelle esperienze De Monticelli dà in queste pagine un'interpretazione del tutto di fantasia. In sostanza, nonostante i richiami a pensatori come Calogero o Chiaramonte, dell'etica laica della responsabilità qui non c'è propria traccia. Per valutare le conseguenze delle proprie azioni, ci vorrebbe meno enfasi e meno zelo nel disinfettare la propria anima, per poi rimirarsela compiaciuti nella sua presunta limpidezza!