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Laura Boldrini come Becchi:a caccia di scuse per Preiti

Laura Boldrini e Paolo Becchi

Andrea Tempestini
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  di Maria Giovanna Maglie Li leggo e li rileggo, quel manifesto più volantino eversivi e terroristi stampati in Val di Susa, per fortuna circolati soltanto lì e solo per poche ore. Ma tanto è un'anteprima, altri seguiranno. Lo guardo e lo riguardo, quello striscione che reggono dei giovani vigliacchi mascherati in finto corteo accanto ai lavoratori durante il corteo del Primo Maggio. Inneggiano a Luigi Preiti, e io vorrei sapere dal ministro degli Interni, che credo già insediato nella persona di Angelino Alfano e che capisco impegnato a scegliere vice ministri e sottosegretari affini, se la passeranno tutti liscia al solito, visto che non mi è parso di leggere o vedere che ci sia stato un qualche arresto come da obbligo di legge.  A volte il rigore della legge, che tante volte si utilizza a sproposito, ha valore di argine, di confine, di calmiere alla vergogna, all'apologia di reato. Magari consola quella povera ragazza che sta a guardare suo padre paralizzato perché fa il carabiniere. Al ministro degli Interni suggerisco anche, sempre a proposito di apologia di reato, l'ascolto delle dichiarazioni del professore - sic - Franco Becchi. Ma sarebbe vile da parte mia dimenticare che la madre di tutte le dichiarazioni sbagliate, pericolose, perfino eversive se non fossero soprattutto fesse, viene dal presidente della Camera, Laura Boldrini, alla quale sarebbe bene che qualcuno - non so dire chi, magari il presidente della Repubblica che queste dichiarazioni sa come centellinare - spiegasse che non è più né la pasionaria dei clandestini, ops che parolaccia, né un deputato di Nichi Vendola. È istituzione, pensare prima di parlare politically humanistic correct, non serve ispirarsi a grandi maestri, basta l'aplomb passato di Fausto Bertinotti. Il clima, gentile ministro dell'Interno e governo tutto, presunto e sperato di pacificazione, è pesantuccio, è del genere «compagni che sbagliano», armi che sparano, bombe che esplodono, e hai voglia a mettere scorte aumentando così gli argomenti dell'avversario sociale. Leggo da  uno dei passaggi del manifesto di Val di Susa, ma scritte analoghe sono comparse sui muri di Genova: «Luigi Preiti ha semplicemente fatto quel che tutti dicono in ogni buon bar d'Italia, lui ha solo accorciato la distanza tra il dire e il fare. Non è un gesto sorprendente. Quel che è davvero sorprendente è che sia un gesto isolato». Che dice, Alfano, è o non è un vero e proprio inno al terrorismo e alla lotta armata? Al posto della firma, in fondo al messaggio, c'è una scritta in stampatello: «Solidarietà di pelle a Luigi Preiti». Ecco, quella pelle bisogna strappargliela, pena quella degli italiani già abbastanza confusi. All'università di Genova insegna il professor Paolo Becchi, guru in sedicesima del Movimento 5 Stelle. «Se qualcuno tra qualche mese prende i fucili non lamentiamoci, abbiamo messo un altro banchiere all'economia» dice alla Zanzara su Radio 24. «La situazione se non migliora peggiora, e non so quanto la gente possa resistere, non so quanto il Movimento possa frenare la violenza della gente, che è nella natura delle cose».  Becchi non è uno qualunque, è seguito. Leggete: «Questo attentato è stato utile ad un certo tipo di azione politica: dare al governo Letta una maggioranza solida. E cercando di far passare per scontata anche la ricomposizione almeno sulla carta del Pd». E ancora: «Il dato di fatto è che dopo quell'attentato non c'è stata alcuna opposizione all'interno del Pd nell'approvare la linea dell'emergente governo di Enrico Letta. Quei 101 parlamentari che avevano impallinato Romano Prodi ora dove sono?». E che il rancore verso la scelta del Pd di formare questo esecutivo, escludendo il M5s, sia radicato lo conferma lo stesso Becchi con un attacco a Enrico Letta: «C'è pregiudizio e tirannia della maggioranza. Rispetto al marciume in cui viviamo ci vorrebbe una grandissima pulizia, una totale tabula rasa. Anche con le armi, perché le rivoluzioni non sono pranzi di gala».  Veniamo alla Boldrini, in trasferta del Primo Maggio a Portella della Ginestra. «Non è accettabile l'indifferenza all'emergenza nazionale, che è il lavoro. Una situazione in cui gli adulti lo perdono, i giovani perdono la speranza di trovarlo. La disperazione si diffonde e prende troppe volte la forma della violenza». Glielo dice lei, ministro Alfano, o chiede gentilmente a Giorgio Napolitano di spiegare al presidente della Camera che, per incredibile che possa sembrare, ormai quello è il suo incarico, con qualche dovere di pensare prima di parlare?  

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