Gli scheletri nell'armadio di ProdiEcco perchè non andrà al Quirinale
La spy story dell'ex premier va dal rapimento Moro ai "favori" a De Benedetti passando per il Kgb e la Cina
Nonostante ci sia ancora un mese per iniziare la discussione in Aula sul sul successore di Giorgio Napolitano, la ricerca della quadra per formare un nuovo governo si intreccia a doppio nodo con quella per un nome condiviso sul nuovo Presidente della Repubblica. Berlusconi è stato chiaro e più passano i giorni e più paletti il Cav mette a Bersani sulla questione Colle. Prima chiedeva un Capo di Stato di garanzia, non escludendo che fosse di sinistra. Ora vuole sul campo una personalità espressione di centrodestra. Il leader del Pdl ne ha fatto una questione di principio se il Pd vuole provare a dar vita al suo esecutivo. Ma i democratici non ci stanno: non hanno alcuna intenzione di votare un nome indicato da Berlusconi, deve essere il Pd e solo il Pd a proporre colui o colei che siederà in Quirinale. Il problema è che il Pdl da parte sua ha già fatto sapere che non darà il suo voto a nessuno che non venga proposto dal Cav. "E non ci sta bene altro", ha tuonato il capogruppo Renato Brunetta. "Nemmeno un moderato di sinistra perché tutti i nomi fatti non vanno più bene. Né Amato, né Marini, né D'Alema". E sul fatto che comunque i democratici hanno i numeri per eleggere chi vogliono, Brunetta alza le spalle: "Si eleggano Prodi o Zagrebelsky così noi arriviamo al 40% alle prossime elezioni. La spy story di Prodi - E a proposito di Romano Prodi, pure se le sue quotazioni sono in calo, rimane comunque uno dei favoriti. Peccato che nel suo passato ci sono dei lati oscuri, "un quid inesplorabile", fa notare Giancarlo Perna sul Giornale, "emerso in diverse circostanze che egli stesso trincerandosi dietro il famoso sorriso giocondo rifiuta da chiarire. A partire dalla inquietante seduta spiritica organizzata da lui il 2 aprile 1978, in pieno rapimento Moro, durante la quale venne fuori che il presidente della Dc era tenuto prigioniero dalle Br a Gradoli. Prodi si precipitò nella sede della Democrazia Cristiana annunciando il responso dell'Aldilà. Chi indagava mise al setaccio il paese laziale Gradoli, mentre uno dei covi dei brigadisti si trovava in realtà a via Gradoli, a Roma. Ora, a parte il misunderstanding chi aveva soffiato a Prodi il nome "Gradoli"? Lui ancora oggi continua a sostenere la tesi della seduta spiritica, mentre sono in parecchi che si sia inventato tutto per coprire qualcuno. Kgb - Nel 2006, inoltre, un eurodeputato britannico, Gerard Batten rivelò che l'ex agente dell'Urss Alexander Litvinenko, ammazzato dai colleghi con il polonio, gli aveva confessato che "Romano Prodi è l'agente in Italia del Kgb". Cosa in parte confermata da un altro ex Kgb. Oleg Gprdievsky disse a Paolo Guzzanti che lo interrogava durante una seduta sulla commissione d'inchiesta Mitrokin: "Non ho mai saputo se Prodi fosse o no reclutato dal Kgn, ma una cosa è certa: quando ero a Mosca tra il 1981 e il 1982 Prodi era popolarissimo nel Kgb, lo trovavano in sintonia dalla parte dell'Unione Sovietica". Ora, fa notare Giancarlo Perna, si è aperto il capitolo Cina. Da anni è più a Pechino e Shangai che a Bologna. Tra conferenze, lezioni e ospitate in tv il compito più rilevante di Prodi è quello di consulente della nuova agenzia di rating cinese, Dagong che a fine 2011, da poco insediato il governo Monti, abbassò l'affidabilità del debito italiano. Perna infine ricorda che fu proprio Prodi il primo che cercò di dare con beni pubblici una bella mano all'arricchimento di Carlo De Benedetti, proprietario di Repubblica, è stato il nostro Prodi (gli altri furono Carlo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato). "Graziosamente introdotto dal giornalista Scalfari", racconta il Giornale, "l'Ingegnere si presentò da Romano presidente dell'Iri e gli chiese di cedergli la Sme, holding alimentare. All'istante, Prodi si accordò per vendergliela a 497 miliardi di lire. Un regalo. Tanto che il governo Craxi (siamo nel 1985), ignorando la stipula, mandò il piano all'aria".