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Facci: Travaglio, Messora, Grillo, una faida interna

Giulio Bucchi
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  di Filippo Facci Marco Travaglio che scrive un articolo contro i portavoce di Beppe Grillo è roba da psicoanalisti, è una lotta intestina, una faida interna. Eppure è accaduto. I due blogger mandati a Roma da Casaleggio (li ha spediti via skype) hanno reso evidente che forse sarà necessario, per i due portavoce, assoldare dei portavoce: al punto che Travaglio se l'è presa con loro. Li ha soavemente definiti complottisti, casinari, si è addirittura lamentato che uno dei due abbia definito i giornalisti come «pseudo-omuncoli» e «spalamerda»: arti diplomatiche di cui Travaglio pretende l'esclusiva. Colpisce che il vice-direttore del Fatto, già portavoce e ghostwriter di se stesso (per opinare a Servizio Pubblico deve scriversi i discorsi) pontifichi anche su come debba svolgersi la professione di portavoce di un gruppo in Parlamento, luogo dove lui non ha mai messo zampa in vita sua. Ma colpisce, ancor di più, un sottinteso travagliesco che pare questo: i portavoce di Grillo, quelli che danno la linea, ci sono già, e siamo noi del Fatto Quotidiano. Travaglio l'ha scritto, anche se forse non lo sa. Reduce dai grandi successi ottenuti da portavoce di Antonio Di Pietro e Antonio Ingroia (scomparsi, polverizzati) il becchino di Torino difende un ruolo che gli appartiene in toto: l'Ugo Intini di Beppe Grillo. Ma pare più come portasfiga che portavoce, e Grillo dev'essersene accorto.    

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