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Finocchiaro: ecco il progetto di Lega e Monti

Calderoli lavora a un patto per dare Senato al Pd e Camera al Pdl in cambio del sì alla macroregione

Lucia Esposito
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  di Brunella Bolloli Meglio fare accordi con la Lega, che con Grillo. La notizia politica del giorno, alla vigilia del voto per eleggere i presidenti di Camera e Senato, è che il Partito democratico, incassato l'ennesimo niet dal Movimento Cinque Stelle potrebbe contare sull'appoggio esterno del Carroccio per un governo a guida Pier Luigi Bersani. Una pazza idea, un'intesa impensabile finora che, però, consentirebbe alla Lega di portarsi a casa la presidenza della Conferenza Stato-Regioni (e la macroregione tanto cara ai padani), e al Pd di insediare Anna Finocchiaro come proprio candidato per lo scranno più alto di Palazzo Madama. Roberto Calderoli non ha dubbi: «La Finocchiaro è un candidato eccellente per quel ruolo». E il Pdl? Per l'alleato numero uno la Lega ha proposto la presidenza della Camera. La conferma arriva da un'intervista dello stesso Calderoli alla Padania di oggi. In cui dice chiaro: «Siamo pronti a discutere di tutto e con chiunque». Anche con Monti e i montiani? Su questo non ci sono conferme padane, ma è evidente che Bersani deve stringere anche con gli esponenti di Scelta civica se vuole incassare la fiducia al Senato. I numeri, del resto, sono quello che sono. Si balla fino all'ultimo voto.  Di sicuro, però, dal mancato smacchiatore di giaguari è arrivato l'ordine di scuderia di votare scheda bianca ai candidati del M5S scelti per le Camere. Altro che accordi con i grillini e ok a dei perfetti sconosciuti. Dopo fitte riunioni, “conclavi” al Nazareno e Matteo Renzi con i suoi in un hotel di Roma, alla fine il segretario ha cambiato strategia e ha deciso di procedere per gradi nel suo cammino verso la fiducia. Fino a ieri aveva lanciato generosi ami ai Cinque Stelle, aveva offerto loro lo scranno finora occupato da Gianfranco Fini, la terza carica dello Stato. E invece il dialogo tra Pd e M5S, ieri, ha subìto uno stallo. Una drastico cambio di rotta. E non solo per le continue bordate lanciate dal comico sul suo blog. Naufragata anche la richiesta di un incontro per valutare un possibile accordo per il voto odierno, ultimo tentativo degli sherpa democratici per assicurarsi la governabilità. Quelli del M5S, all'inizio, avevano accettato a patto che fosse una cosa rapida e tutto visibile in streaming, come piace a Grillo e a Casaleggio. L'incontro, previsto per ieri sera, è stato però spostato a stamattina alle 8.30, appena prima di entrare in Aula. «Il Pd ci ha chiesto di rinviare la riunione, ma per noi è troppo tardi e per questo abbiamo declinato l'invito», hanno spiegato dal Movimento. Insomma, un altro stop al Pd. A cui Bersani ha replicato parlando dall'assemblea dei senatori: «La nostra proposta di corresponsabilità non è stata raccolta dalle altre forze. Propongo dunque di votare scheda bianca alle Camere per continuare a lavorare ad un accordo».  In verità, il malessere è diffuso all'interno del Pd. Pare che Dario Franceschini, in pole position per il dopo Fini, abbia sbattuto i pugni sul tavolo: non possiamo lasciare la terza carica dello Stato ai grillini. Siamo noi il primo partito e quel ruolo spetta a noi. Cioè a lui. Tanto più che il Pd avrebbe ceduto solo in cambio di un via libera dei grillini alla Finocchiaro per la presidenza di Palazzo Madama. Così non è stato e non sarà mai e quindi, ciao Camera e ciao Fico: votiamo scheda bianca. Malumori sulla gestione Bersani anche al vertice dei renziani, riuniti per oltre tre ore vicino a Termini.  Uscendo Paolo Gentiloni ha sottolineato le perplessità della componente: «La nostra linea è quella di stare alla larga da tutta la trattativa sulle presidenze delle Camere, sul governo e sul Quirinale. «Non vogliamo assaltare chi sta conducendo questa trattativa», cioè il segretario, «ma nemmeno ci si può chiedere di fare proposte e trovare una soluzione», ha concluso il deputato. Particolarmente proficuo, invece, il lungo incontro tra una delegazione del Pd con i tre big della Lega: oltre a Calderoli, Giancarlo Giorgetti e Massimo Bitonci. Summit durato oltre un'ora e concluso con il via libera del Carroccio al Pd per il dopo Schifani in cambio di un Pdl alla presidenza della Camera, ma soprattutto in cambio della presidenza della conferenza Stato Regioni e di una macroregione del nord, del centro e del sud, antico progetto di Miglio. Il tutto, ovviamente, con la benedezione del Cavaliere che ha incontrato Roberto Maroni due giorni fa.  Oggi, comunque, non ci dovrebbe essere alcuna «fumata bianca» né per   Montecitorio né per Palazzo Madama. Al momento prevalgono veti incrociati e manovre ostruzionistiche e si vocifera nel Pdl che Bersani potrebbe anche cambiare i nomi in ballo per Camera e Senato: non più Franceschini e Finocchiaro, ma personalità che potrebbero essere gradite anche ad altri partiti. E pesa l'incognita Lega la cui priorità, al pari del Pd, non sono le urne ma che la legislatura duri il più possibile.    

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