Giannino,la sua storia è al cinema col Mago di Oz
Il protagonista del film "Il grande potente mago di Oz" ha molti tratti comuni con il giornalista fondatore di "Fare"
di Gianluca Veneziani Uno va al cinema e crede di andare a vedere un film di magia, di animazione. Invece si ritrova lo specchio della nostra classe politica. Il film in questione è «Il grande e potente mago di Oz», e il suo protagonista, Oscar, è un tipo che millanta titoli che non ha mai conseguito. Non si tratta di Oscar Giannino, ma del suo alter ego, il mago di Oz. Vanaglorioso ed egoista come l'altro, anche quest'Oscar si spaccia per ciò che non è. Si presenta come mago e condottiero e dice di aver preso questi attestati in America, spacciandoli pubblicamente durante un comizio. «Sei un impostore», lo avverte un'amica, «ma se ripeti bugie, la gente ci crederà. Sono tempi disperati, dopo tutto». Titoli falsi Lo scopo di Oscar è arrivare al potere: desidera diventare re di Oz, paese che versa in uno stato di declino. All'inizio lui indugia: «Sono solo un imbroglione», dice, preso da scrupolo. Ma poi decide di accettare l'incarico, dandosi una giustificazione: «Le bugie non sono che tappe fondamentali sulla strada verso la grandezza». Nella sua ambizione senza limiti, infatti, Oscar soffre di un tremendo complesso di inferiorità. Catapultato in un paese dove tutti sono maghi e streghe titolati, lui solo si ritrova a essere un comune mortale, per di più incapace e truffaldino. Questa situazione per lui è insopportabile: decide dunque di fingere, imparando l'arte della simulazione. Inventa cariche che nessuno gli ha attribuito e si presenta sotto le mentite spoglie del mago/messia venuto per salvare il paese dalla distruzione. È talmente istrione e affabulatore, quest'Oscar, che molti finiscono per credergli, considerandolo una persona seria: ammirano i suoi giochi di prestigio, si fanno conquistare dalla sua abilità oratoria, ripongono in lui ogni speranza di futuro. Capiscono insomma che lui è uno che ci sa fare. Sì, fare per fermare il nemico. A questo punto gli uomini stessi della società civile di Oz scendono in campo, disposti a tutto pur di seguire il mago e cambiare il paese. Ognuno, naturalmente, mette a disposizione il proprio talento: «Io so fare il pane, io so cucinare, io so arare, io so cucire vestiti, io faccio lo spaventapasseri», dicono. Tutti comunque sono pronti ad accerchiare la città e a mandare a casa i vecchi potenti. A tratti, più che «giannini», sembrano essere grillini. A un certo punto, tuttavia, l'artificio del mago viene scoperto. Sbugiardato dalle persone a lui più vicine (la scimmia volante, la bambola di latta, la strega Glinda: chissà se tra questi non c'era pure Zingales), Oscar prova a darsela a gambe, con un ennesimo trucco. Ma deve sopportare le proteste di chi, fino a quel momento, aveva creduto in lui: «Sei solo un egoista, egocentrico e bugiardo», gli dice una sua fedelissima, che si sente ingannata. Di Giannino, il mago di Oz ha pure il modo di vestire: porta il cilindro, il bastone, abiti bizzarri e perfino i baffi a punta. Come lui, poi, si cimenta in imprese impossibili, ad esempio sfidare un leone che per poco non lo sbrana (e qui il re della foresta, nei suoi confronti, si mostra più magnanimo del leone Silvio). Ciononostante, il narcisismo autolesionista di Oscar riesce a fare proseliti. Nella versione originale dell'opera, infatti, cioè il libro «Il meraviglioso mago di Oz» di Frank Baum, anche il suo amico, lo spaventapasseri, temendo di essere considerato poco intelligente perché ha la testa di paglia, si fa consegnare un finto diploma di laurea proprio dal mago. Oscar, insomma, ha fatto scuola (anche se non ha fatto il master). Lo stesso Giannino, d'altronde, ha di che consolarsi: disconosciuto dal mago Zurlì, può avere un futuro come mago di Oz.