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Selvaggia Lucarelli: Angela Bruno fa l'indignata ma viene troppo tardi

Con Berlusconi sorrideva, a Servizio Pubblico da Santoro piange e s'arrabbia. La signora fa la verginella, ma non convince...

Giulio Bucchi
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di Selvaggia Lucarelli Berlusconi è un uomo spudoratamente fortunato. Compra Balotelli e Balotelli segna. Ha il problema Giannino in Lombardia e viene fuori che Giannino non ha neanche un master in ricostruzione unghie col gel. Imbastisce un pietoso teatrino sul palco del Green Power e trova  una vittima  che imbastisce un teatrino più pietoso del suo: Angela Bruno. O Bruno Angela, come s'è definita lei l'altra sera da Santoro, in uno dei suoi tanti virtuosismi con la lingua italiana. Una che nel ruolo della vittima è credibile quanto Guido Crosetto nel ruolo di testimonial Technogym. E lo dico senza voler minimamente sminuire il cattivo gusto e la cafonaggine di chi quel giorno, sul palco, pensava che la gag fosse esilarante. Lo dico però da donna a cui non piace farsi fregare dalle tante donne furbette che popolano questo paese e che ripudia il sessismo becero tanto quanto il femminismo d'accatto, la finta solidarietà femminile, l'indignazione a comando.   Quale verginella? - A me la verginella Angela Bruno non ha convinta fin dall'inizio. Quel giorno, sul palco con Berlusconi, ho visto tutto tranne che «una donna profondamente imbarazzata», così come si è definita lei. Al contrario, è riuscita a fare da spalla alla scenetta messa su dal solito Berlusconi nel suo irrinunciabile momento Martufello, con una disinvoltura da comprimaria consumata. Se sei imbarazzata, se sei offesa, se ti senti mortificata di fronte al tormentone volgare «Lei viene? Quando viene?», non reggi il gioco. Non sorridi, non ammicchi, non dai rispostine equivoche quanto le domande e soprattutto non ruoti su te stessa come la ballerina del carillon quando Berlusconi te lo chiede, dandogli modo di darti una sbirciatina al culo.  Che poi l'imbarazzo non regali prontezza di reazione e lucidità ci sta, ma tra lo schiaffone in piena faccia e la rispostina divertita ci sono infinite sfumature: il silenzio, una frase balbettata, un cambio di tono, uno sguardo di rimprovero, un qualsiasi segnale che dica in maniera inequivocabile «Ti stai divertendo solo tu». Io quel giorno ho visto piaggeria e compiacimento, nella signora Bruno. L'ho trovata leziosa e gratificata dalla bavosa ironia del «capo dei suoi capi». E sono certa che se non le fossero piovute in testa le successive critiche per la mancata indignazione, la Bruno sarebbe rimasta quella del suo primo sms al collega Ruggero: «Mi scrivono su whazz up, mi chiedono l'amicizia su Fb, Rugggg , so' vip!».  Considerazione amara, lo so, ma bisogna abbassare le aspettative sulle donne, talvolta, e ammettere che non sono tutte campionesse di virtù. Che hanno le loro debolezze e che le lusinghe del potere hanno effetti catastrofici sulla dignità di molte di noi. La signora Bruno ha fatto una bella virata quando ha capito che il suo attimo di popolarità non era stato edificante. E lo spiega bene il suo successivo sms: «Mi spiace Ruggero ma non sto bene. Non mi sento bene. Mi stanno massacrando. Non me lo aspettavo». Se quello che hai vissuto su quel palco ti ha mortificata, scendi e ti sfoghi già all'ultimo scalino, non mandi l'sms spiritoso finchè credi che il paese stia per intitolarti una piazza, per poi cambiare strada quando cominciano a massacrarti. O magari, al primo cazziatone del marito. Il resto, è show.  La Bruno fa un bel carpiato con doppio avvitamento e con parecchie ore di ritardo, si indigna. Come se a uno dessero una martellata su un dito e urlasse 24 ore dopo. Si indigna sui giornali, si indigna in tv, si indigna da Formigli, si indigna da Santoro. E improvvisamente, quella timidezza che l'aveva tanto inibita davanti a Berlusconi, non le impedisce di improvvisare arringhe in tv che nemmeno Taormina sotto crack. Va da Santoro, si indigna con le sopracciglia alla Tatangelo, il vestitino blu elettrico e un monologo di 12 minuti netti così forzatamente recitato e  petulante che pareva il momento di Tina Cipollari a Uomini e donne più che Servizio pubblico. Pretende le scuse da Berlusconi, da Galan, dai suoi capi, da Giorgio Mastrota e da Mazinga zeta e lo ripete intervallando ogni frase con un insopportabile «ma stiamo scherzaaaandoooo?».  E poi è tutto un alternarsi di virtuosismi grammaticali tra «Stiamo sdvediando», «A tutti gli italiani d'Italia», «le più pessime», «il frastorno» e il tutto davanti a un Santoro talmente esasperato dalla logorrea molesta di ‘sta donna, che a un certo punto è palesemente passato dalla parte di Berlusconi e per poco non abbraccia la Carfagna chiedendo lui scusa a Mara.  Che figuraccia - Se proprio voleva recuperare la figuraccia, la signora Bruno, poteva evitare questa fame di salotti, quest'esibizionismo patetico con il tasto «sdegno» su on, questa puzza di megalomania a cui manca solo un posticino all'Isola dei famosi o a Pechino express. Poteva pretendere rispetto seccamente e sobriamente, magari con una bella letterina a Repubblica come fece un'altra donna ferita dalle battute cretine di Berlusconi. Una donna che forse aveva qualcosa di più, da rimproverargli. Ha sbagliato i tempi, la signora Bruno, e soprattutto ha sbagliato ruolo: nel suo oscillare tra vittimismo e narcisismo, s'è convinta di non essere Angela Bruno ma Giordano Bruno, arso vivo nella pubblica Piazza (Pulita). Ed è un gran peccato, perchè se quel giorno anziché ridacchiare come un'adolescente, gli avesse assestato una bella cinquina, ora non si perderebbe neanche tempo tra conclave e fumate nere. Avremmo già il nuovo papa: Angela Bruno.

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