Umberto Veronesi: "Porto dentro di me la fossa comune dei pazienti che ho perso"
"Vivo da sempre una situazione di schizofrenia. Sono l'uomo della speranza, però immerso ogni giorno nel dolore. Devo trasmettere fiducia e ottimismo, ma nel profondo sono angosciato, tormentato, sento un nichilismo alla Nietzsche, porto dentro di me la fossa comune di tutti i pazienti che ho perso". Queste le parole sincere rivelate a La Stampa da Umberto Veronesi, che si racconta cominciando dai suoi esordi per spiegare più di 60 anni di carriera e il suo ruolo di medico delle donne. La rivoluzione di Veronesi -"Tutto è cominciato in un giorno d'estate, inizio anni '50, io giovane assistente all'Istituto tumori di Milano. Il responsabile del reparto va in ferie, il vice pure, mi chiamano, «Tocca a te». Era la prima volta che operavo una donna al seno". Umberto Veronesi è questo, dopo quasi 70 anni dal suo primo intervento: 30mila donne operate, 300mila quelle visitate e 5 milioni le pazienti salvate nel mondo grazie alla sua tecnica rivoluzionaria di quadrantectomia. "Quando feci quel primo intervento, ero convinto della tecnica che si usava: mastectomia bilaterale con rimozione dei muscoli del torace. Si pensava fosse l'unico modo per salvare la vita delle pazienti, ma era un massacro. Così ho maturato la convinzione che forse si poteva rimuovere solo la parte colpita dal tumore e salvare il seno. Esposi l'intuizione ai miei colleghi e ricevetti accuse feroci. Furono anni bui. Poi arrivò la vittoria scientifica". Il medico che ascolta - Da sempre l'arma vincente di Umberto Veronesi è stata la sua capacità comunicativa, che gli ha permesso di essere sempre vicino al paziente: "Una malattia colpisce un organo, ma viene elaborata da una mente. Lo stesso male può essere più o meno sopportabile a seconda della persona che lo percepisce. Ecco perché dico che bisogna tornare alla 'Medicina della persona'. Per curare qualcuno dobbiamo sapere chi è, che cosa pensa, che progetti ha, per cosa gioisce e soffre". Il cancro secondo Veronesi - Veronesi si riscopre fiducioso su un'imminente sconfitta della malattia: "Io non la vedrò, ma succederà. Fra qualche anno cureremo tutti i tumori. Lo faremo grazie alla diagnosi precoce, per ora abbiamo farmaci risolutori solo per alcune forme di tumore". Il medico si sofferma, infine, sul potere sconvolgente della parola cancro: "Credo che come vocabolo vada eliminato; va meglio tumore o neoplasia".