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Grillo ai direttori Rai: "Gentaglia, pagherete tutto". E Casaleggio vieta le interviste: "Parla solo Di Maio"

Nicoletta Orlandi Posti
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«Non ci arrenderemo mai e questa gentaglia pagherà, forse non oggi ma domani sicuramente». Parola di Alberto Airola, capogruppo M5S in Vigilanza Rai, le cui parole aprono oggi il blog di Beppe Grillo per una nuova serie di attacchi personali a direttori di testate Rai e parlamentari. Il lungo post è sovrastato dalle foto e dai nomi dei direttori dei tre tg Rai accompagnati dallo slogan «fuori i burattini». Airola afferma tra l'altro che «il problema della politicizzazione della Rai non è certo il M5S, visto che coerentemente, non ha chiesto nessuna nomina di direttori di tg o di rete o membri del cda che invece sono tutti di nomina politica da più di 30 anni, in primis del PD e poi della cricca berlusconiana e degli ex DC. A proposito di Berlusconi e degli "editti bulgari": vi pare che chi è fuori dai giochi politici come noi, possa avere il potere di "cacciare" un "Orfeo qualsiasi" dal Tg1?». E però, aggiunge il parlamentare M5S, «noi chiediamo che sia licenziato, perchè i direttori di TG quali Orfeo, Masi, la Berlinguer, la Maggioni, operano per un regime informazionale degno della peggiore dittatura sud americana». L'insignificante dem - Ce n'è anche per il «mio insignificante collega in vigilanza Rai, Anzaldi del PD, quello che denunciava la satira contro la Boschi, perenne zerbino di Renzi», per «un ente al soldo delle larghe intese come Agcom». «Ho lavorato per anni come tecnico di ripresa per i tg e so di cosa sto parlando. Vedo come voi la tv e da un anno e mezzo sputo sangue per avere un servizio pubblico d'informazione degno, alla faccia di una "Rai come la BBC" come questa paccotiglia di politici va ripetendo», dice ancora. E «se qualcuno osa ancora dire che attacchiamo la categoria dei giornalisti indiscriminatamente può trovare tutte le audizioni col dg Gubitosi (altro complice) in cui difendo i precari del settore, i quali in partita IVA fanno vite misere in confronto ai direttori e a quelli pagati oltre 200.000 euro l'anno. E adesso venite a contestarci e vediamo chi ha ragione». Il diktat - Intanto la Casaleggio associati ha dato l'ordine perentorio di non parlare più con i giornalisti. «Ora basta con le interviste e basta con la presenza dei nostri in tv. D'ora in poi parla solo Di Maio», averebbe detto il Guro secondo il retroscena di Repubblica. Il black out comunicativo è deciso da un leader che teme la balcanizzazione del Movimento: «Così la situazione ci sfugge di mano», avverte i suoi. Una forzatura che però non basta, perché il Movimento cinque stelle soprattutto alla Camera e per il dialogo sulla giustizia scalcia. I pentastellati hanno chiesto di partecipare all'incontro con il ministro Andrea Orlando in agenda per oggi, ma il leader milanese li piega imponendo un brusco stop. L'effetto è una rivolta interna difficile da sedare. Lo schiaffo arriva a mezzo blog, firmato Beppe Grillo: «Il M5S non apre a Renzie, non bacchetta Di Battista e non è pronto a votare nessuna misura urgente per l'economia insieme a lui». Quindi arriva il diktat: «Si raccomanda ai parlamentari di rilasciare il minor numero possibile di interviste ai giornali in quanto vengono sistematicamente stravolte». La colpa, sostiene il megafono del grillismo, è dei titoli.

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