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Tartaglia tre anni dopo e quell'ossessione per piazza Duomo

Massimo Tartaglia

L'uomo che colpì il Cav con la statuina, quando può uscire dalla casa di Cesano Boscone, torna nel cuore del capoluogo meneghino

Andrea Tempestini
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L'uomo della statuina del Duomo - sette centimetri per dieci e tre etti e mezzo di peso -, l'uomo dell'attentato a Silvio Berlusconi. Massimo Tartaglia. Da quella statuina in faccia sono passati tre anni. E lui, in Duomo, ci torna appena può. Ogni sabato e ogni domenica, come racconta il Corriere della Sera, quando ha il permesso di evadere dalla libertà vigilata, di andare a Milano. Invariabilmente, Tartaglia, come se sentisse il richiamo di quel luogo che gli ha cambiato la vita, si reca nel cuore pulsante del capoluogo meneghino, tra la Galleria e il corso. Ossessione Duomo - Lui racconta che la sua meta preferita sono l'Apollo e l'Odeon, due cinema. Ma, prima, si ferma in piazza Duomo. Proprio dove colpì il Cavaliere scagliandogli quella statuetta in faccia. Nel tempo libero e in attesa della sua prima esposizione, Tartaglia fa il fotografo. E quando arriva in anticipo per lo spettacolo al cinema scatta fotografie. In piazza Duomo ovviamente: "Cerco riflessi nelle pozzanghere - spiega al Corsera -, sulle vetrine, alle finestre, sui lastroni delle strade. L'esito - annuncia - lo vedremo più avanti, quando esporremo le foto". Il sogno del lavoro - Il "Massi", come lo chiamano - accusato di lesioni pluriaggravate per l'attacco a Berlusconi, poi assolto per incapacità di intendere di volere - nel suo tempo libero dipinge, ascolta musica in cameretta, rigorosamente con le cuffiette, soprattutto band inglesi. Ora è in libertà vigilata, nella sua casa di Cesano Boscone, alle porte di Milano. Prima un passaggio in una comunità terapeutica, che lasciò dopo aver ottenuto il permesso dai giudici che giudicarono le sue condizioni "nettamente migliorate". Ora da Cesano Boscone può "evadere" soltanto il sabato e la domenica. Prende la corriera. Arriva in piazza Duomo. Forse pensa al suo vecchio attacco. Poi va al cinema. E continua a coltivare un sogno: lavorare. "Però part-time. Quattro o cinque ore al giorno. Di più non potrei, non sono pronto, lo sostiene anche il medico. Prendo psicofarmaci. Il mio percorso è lungo, molto lungo".

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