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Idv, scandali, fughe e sondaggi flop: a Di Pietro è rimasto solo il figlio
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Simbolo presente solo in tre regioni. In Molise Tonino lancia l'erede poi si affiderà ai comunisti per sopravvivere
di Luciano Capone Per Antonio Di Pietro «la situazione politica non è buona», come direbbe Adriano Celentano, punto di riferimento intellettuale del leader molisano. Il suo partito si è sciolto come neve al sole quando le inchieste giudiziarie e giornalistiche hanno portato alla luce gli scandali dei rimborsi ai gruppi regionali e del suo patrimonio immobiliare. Gli elettori, traditi dal puro Di Pietro, si sono rifugiati dal purissimo Beppe Grillo e molti dirigenti sono scappati via, quasi che i nomi Di Pietro e Idv, da sigilli di garanzia, si siano trasformati in marchi di infamia. Solo per stare ai casi più importanti, lo storico capogruppo alla Camera Massimo Donadi e il luogotenente campano Nello Formisano hanno creato un movimento alleato con il Pd e Franco Barbato, famoso per le sue sceneggiate in Aula, ha preferito candidarsi premier e andare a schiantarsi da solo piuttosto che affondare insieme all'ex magistrato. Stando alle informazioni raccolte da Libero, il 31 dicembre Di Pietro avrebbe tenuto a Milano una riunione con quel che resta del partito per infondere nuovo vigore all'iniziativa politica dell'Idv. A livello nazionale la foto di Vasto non è più ricomponibile. Il Pd aveva difficoltà a sopportare Di Pietro quando portava molti voti, figurarsi ora che è caduto in disgrazia, e ha appaltato ai «traditori» Donadi e Formisano il compito di mantenere i voti dipietristi liberandosi di Tonino. Fino a che Di Pietro era immacolato poteva permettersi di dettare la linea, ora deve defilarsi e lasciare l'iniziativa a De Magistris e Orlando, personaggi che godono di maggiore credibilità nell'universo giustizialista e girotondino. Ora il percorso è obbligato e si chiama listone Ingroia, d'altronde i sondaggi danno l'Idv sotto al 2% e l'unica possibilità di conservare il seggio è l'alleanza con Rifondazione Comunista, Comunisti italiani e Verdi sotto l'ombrello del magistrato palermitano. Il marchio Idv dovrebbe comparire solo alle elezioni regionali in Lombardia, Lazio e Molise, ma anche a livello locale ci sono molte difficoltà. Sempre secondo quanto riportato a Libero, nella riunione di fine anno Di Pietro avrebbe definitivamente ritirato l'ipotesi di una propria candidatura alla presidenza della Lombardia. Giorni prima aveva minacciato il Pd: «Non possono usare l'Idv dove gli fa comodo e scaricarlo dove pensano di poterne fare a meno. Se mi isolano da tutto mi candido a governare la Regione». Ora la strategia è cambiata, Di Pietro è passato in pochi giorni dalle minacce alle suppliche: dopo aver visto sondaggi bassissimi, il leader Idv vorrebbe appoggiare il candidato del Pd Umberto Ambrosoli. Il Pd però non sembra facilmente intenzionato a stringere un patto imbarazzante in Lombardia con un avversario a livello nazionale e sarebbe intenzionato a replicare localmente il “modello-Donadi”. Nel Lazio la situazione è ancora più disastrosa. Dopo il caso-Maruccio (il capogruppo Idv e braccio destro di Di Pietro che secondo gli inquirenti usava i soldi dei rimborsi per giocare ai videopoker), il Pd non vuol sentir parlare di alleanze e, se anche dovesse formarsi un polo a sinistra del Pd, il vero problema di Di Pietro è che non si trovano persone che vogliano candidarsi sotto il suo simbolo. La prospettiva che l'Idv non riesca a presentare una lista è più che probabile. La situazione è migliore in Molise dove Di Pietro conserva ancora un certo seguito. Qui, in attesa della formazione delle alleanze, l'unico punto fermo è la ricandidatura del figlio Cristiano. I Di Pietro sanno cha la loro parabola politica è in fase discendente, l'unico obiettivo rimasto è quello di strappare un altro mandato a Roma per Tonino e a Campobasso per Cristiano. E non è detto che non ci riescano.
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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