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La giusta guerradi Depardieualla supertassadi Hollande

Mughini: sto con l'attore francese, che si è trasferito in Belgio. Da imbecilli l'aliquota del 75% per chi guadagna più di un milione di euro

Matteo Legnani
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  di Giampiero Mughini Premesso che ritengo l'adempiere i doveri fiscali il comandamento numero uno del buon cittadino, e che quando si parla di fisco bisogna tracciare una linea divisoria grande così tra contribuenti onesti ed evasori fiscali (i primi hanno diritto di protestare, i secondi no),  in questa spettacolare contesa tra l'attore francese Gérard Depardieu e il governo socialista che lo accusa di «decadenza personale» perché ha deciso di andarsene in Belgio per sottrarsi alla mannaia fiscale imposta da Hollande, sto al cento per cento dalla parte di Depardieu.  Fiscalmente ma ancor più moralmente sto dalla sua parte, e tanto più che la decisione di Hollande di tassare al 75 per cento quel gruppetto di cittadini francesi che denunciano un reddito superiore al milione di euro (ovviamente per la parte eccedente il milione) è solo una spacconata e un autogol politico. Porta nelle tasche pubbliche due soldi, anche perché non pochi di quei pochissimi “ricchi” anziché piangere e pagare se la filano altrove. Spacconata e basta. Idiozia politica della più bell'acqua. Soldi puliti - Beninteso non conosco i termini reali della situazione fiscale del Depardieu che sino all'altro ieri era cittadino francese e che adesso ha scaraventato via il suo passaporto, e ha scritto ai giornali una lettera furibonda contro il ministro che lo aveva definito «un miserabile». Il mio ragionamento cambierebbe non poco se si venisse a scoprire che di soldi evasi Depardieu ne ha messi via tanti (in Italia lo aveva fatto alla grande, a suo tempo, lo charmant avvocato Gianni Agnelli). Ebbene Depardieu dice di aver pagato in questi ultimi anni 145 milioni di euro di tasse. Nel 2012, è lui che lo dice, ha pagato in tasse l'85 per cento dei suoi redditi. Solo che il troppo è troppo, e a questo punto lui se ne va in Belgio a pochi chilometri dal confine con la Francia. Lo dice senza vergognarsi, lo dice per difendere il reddito che gli viene dalla qualità del suo lavoro di attore-icona del cinema francese moderno. Una difesa di cui ha tutto il diritto. Sì o no un governo ha il diritto di vessare a tal punto - ossia di prelevare una parte immane del loro reddito - quelli che hanno il torto di guadagnare molto e per giunta di guadagnare soldi che non sono loschi o illegali e bensì lì sotto gli occhi del fisco? È del tutto ovvio che Roger Federer (bello il recente libro su di lui pubblicato dalle edizioni Obarrao, “I silenzi di Federer”), Tom Cruise, Sergio Marchionne, “Pupone” Totti, Roberto Benigni (avrei ascoltato volentieri il suo elogio della Costituzione, solo che dopo dieci minuti di prevedibilissime stoccate contro il Berlusca non ne potevo più dalla noia e ho spento), Kate Moss, sono talmente eccezionali ognuno nel suo campo da averne redditi eccezionali. È del tutto ovvio che ciascuno di noi deve pagare tasse proporzionali al suo reddito, e lo dice per l'appunto la nostra Costituzione che il fisco taglia i redditi in modo “progressivo”, ossia con un'aliquota crescente.  Progressività - L'aliquota massima in Italia - il 43 per cento - la paghi già quando guadagni 75mila euro lordi. Se guadagni un milione di euro paghi ancora il 43 per cento che pagano quelli che ne guadagnano 75 mila. C'è dunque un punto oltre il quale la “progressività” non può continuare perché diventerebbe rapina, vessazione, incitamento alla fuga fiscale. Se un governo americano indicasse l'aliquota del 75 cento sui redditi i più elevati, per le strade americane si sparerebbe come nelle tragiche aule della scuola del Connecticut. Abbagliato dalla sua stessa retorica il governo socialista francese ha superato ogni limite di realismo fiscale. S'è dato la zappa sui piedi. S'è lasciato prendere dal gusto di minacciare i ricchi a far vedere quanto è “equo” e quanto pensa ogni minuto della giornata a “quelli che non hanno”.  Legittima difesa - Stupidaggini sesquipedali. Il risultato del tentativo di vessazione fiscale è che Depardieu e altri come lui se ne fuggono per legittima difesa. In questo modo lo Stato perde il bottino fiscale che gli era assicurato dal lavoro e dalla notorietà di Depardieu. Ci rimettono in fin dei conti quelli “che non hanno”  

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