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Littizzetto, le lavoratrici Coop le scrivono: "Descrivi un'impresa felice, gira un spot per la dignità del lavoro"

Contratti precari, dirigenza di soli uomini, minaccia costante di licenziamento: è questo lo scenario rappresentato dalle impiegate. "Luciana, gira con noi una pubblicità sulla dignità del lavoro" è la richiesta

Roberto Procaccini
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Che noia per Luciana Littizzetto: le lavoratrici della Coop le scrivono per parlare dei propri problemi lavorativi. L'attrice torinese, così radical chic da appaltare da anni l'angolo satirico del salotto più buono della tv italiana (Che tempo che fa di Fabio Fazio), talmente da sinistra che, dovendo corroborare la dichiarazione dei redditi aprendo al mondo della pubblicità, ha associato il proprio volto proprio alle Coop, ora deve dare ascolto a delle impiegate. Troppo nazionalpopolare per una abituata a menar fendenti solo attraverso il catodo. Lavoro da compagne - "Cara Luciana, lo sai cosa si nasconde dietro il sorriso di una cassiera che ti chiede di quante buste hai bisogno? Una busta paga che non arriva a 700 euro mensili dopo aver lavorato sei giorni su sette comprese tutte le domeniche del mese". E' così che si apre la lettera aperta inviata dalle lavoratrici della Coop, nella quale le donne della rete di distribuzione rossa ("Siamo l'80 per cento  - scrivono - ma i dirigenti sono tutti uomini") contestano all'attrice di descrivere il luogo dove lavorano come "accattivante e simpatico, attrattivo e sereno", senza tener conto "della sofferenza quotidiana" nella quale lavorano. Ma le donne non si fermano alla questione "estetica": entrano nel merito descrivendo le condizioni in cui si opera nella catena di ipermercati che dovrebbe rappresentare il trionfo della cooperazione italiana. Allora si va "dalla ricattabilità quotidiana del lavoro precario", dove "si può essere mandate a casa anche dopo 10 anni" e "per paura di perdere il posto si accettano tutte le decisioni". Si arriva alle ricadute sulla vita personale, con turni cambiati "anche all'ultimo momento con una semplice telefonata che devi inghiottire", con "la famiglia che va a rotoli e i figli che non riesci più a gestire", e una condizione di marginalità nella quale "ci è capitato di essere costrette a subire in silenzio finanche le molestie da parte dei capi dell'altro sesso per salvare il posto o non veder peggiorare la nostra situazione". Il tutto nel silenzio fissato da una clausola contrattuale, perchè "ci impediscono di parlarne con il ricatto che se colpiamo l'immagine della Coop rompiamo il rapporto di fiducia che ci lega e possiamo essere licenziate". Attrice e militante - Ma che cosa si aspettano le lavoratrici Coop dalla Littizzetto: che partecipi a un picchettagio? No, ma che si presti a girare con loro uno spot "in difesa delle donne e per la dignità del lavoro". "Cara Luciana ci auguriamo che queste parole ti raggiungano e ti facciano pensare" è il commiato della lettera. E ora l'attrice/compagna che fa, la dà una mano alle lavoratrici di sinistra?

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