Ritratto di Lilli Gruber: fuori tecnica, dentro rossa
I nuovi vertici Rai la considerano vicina a Monti e non legata ai partiti. Balle: è stata pure europarlamentare per l'Ulivo...
di Francesco Borgonovo Dopo tutto, si è sempre presentata come una combattente per i diritti delle donne. E c'è da credere che lei quella poltrona direttoriale la consideri - da anni - sua di diritto. Dunque quale battaglia più onorevole, per Lilli Gruber, che la corsa alla direzione del Tg1? L'aspetto divertente della faccenda è che qualcuno le dà credito, e parecchio. Per esempio i nuovi vertici della Rai tecnica, Anna Maria Tarantola e Luigi Gubito. Da qualche settimana Repubblica continua a rilanciare l'indiscrezione: Lilli la rossa è in pole position per il telegiornale della rete ammiraglia, dove sostituirebbe Alberto Maccari. Scriveva ieri Goffredo de Marchis sul quotidiano di Ezio Mauro: «Il Tg1 è considerato il problema più urgente, da affrontare al massimo dopo l'estate. Lilli Gruber è sempre la favorita per la sostituzione di Alberto Maccari e rendere la testata ammiraglia meno legata ai partiti, Pdl in testa, e più all'agenda Monti». Il periodo è da antologia dell'umorismo. La Gruber sarebbe meno legata ai partiti e quindi, in qualche modo, più «tecnica»? Le cose sono due: o i sobri in realtà bevono alla grande oppure soffrono di spaventosi vuoti di memoria. Perché della Rossa di sera conduttrice di Otto e mezzo tutto si può dire tranne che non sia schierata. O che trovi gradevoli Silvio Berlusconi e gli schieramenti di centrodestra. Ma, soprattutto, Lilli non è mai stata «legata» a un partito: è stata «candidata» e poi «eletta». Se i signori del governo tecnico e gli amministratori della Rai tecnica non se lo ricordano, possono effettuare una rapida ricerca su internet e imbattersi nei suoi meravigliosi manifesti elettorali, con sfondo di un rosso appena più scuro della di lei chioma. Nel 2004 la signora si presentò alle elezioni europee nella lista Uniti nell'Ulivo, abbandonando l'incarico di anchorwoman del Tg1. Motivo? Secondo lei, in Rai, c'era poca libertà. Colpa di Silvio, ovviamente. La piazzarono in due circoscrizioni: Centro e Nord Est. Prese 700 mila voti nella prima e 300 mila nella seconda. Un record: superò perfino Berlusconi. In una straziante lettera all'allora suo direttore Clemente Mimun - spedita prima alle agenzie di stampa che al destinatario, tanto per non fare la vittima - definì il Cavaliere e il suo conflitto d'interessi «un vulnus per l'intero sistema radiotelevisivo e per la credibilità stessa della democrazia». Infatti in quel Tg1 c'era così poca libertà per chi si professava di sinistra che a volte non si capiva se in collegamento ci fosse la Gruber oppure Sabina Guzzanti. Avvolta nelle sue sciantosissime pashmine, Lilli indicava gli americani come «forze d'occupazione», tifava - dalla sua camera d'albergo - per la «resistenza irachena». Praticamente, un comizio continuo. Berlusconi e le guerre in Medio Oriente erano i suoi cavalli (e cavalieri) di battaglia. Sulla sua campagna elettorale è stato perfino girato un film che forse qualche coraggioso avrà pure guardato, con sprezzo del pericolo. Il titolo prometteva emozioni: «Lilli e il Cavaliere. Dieci giorni per battere Berlusconi». Con tutta evidenza, la modestia è la migliore qualità della nostra. Che, va detto, in Europa non si è trovata benissimo. Tanto che nel 2008, alla prima occasione, si è rifiondata nel Bel Paese per andare a condurre Otto e mezzo su La7, non prima di essersi fatta un giro nel Partito democratico come eletta alla Costituente. Dal suo salottino progressista di strada ne ha fatta. Anzi, probabilmente la predilezione dei tecnici nei suoi confronti nasce proprio da lì. Lilli fu tra i primi, dopo Porta a porta e Che tempo che fa ad ospitare il premier Mario Monti, incalzandolo con domande scomode come un materasso di piume. Al presidente del Consiglio deve essere piaciuta parecchio, visto che il 3 giugno scorso la Rossocrinita è stata invitata nientemeno che al convegno del Bilderberg, il gruppo più esclusivo del globo, di cui il Professore che ci governa è ospite affezionato. Chissà, magari i Grandi Vecchi del potere globale si sono lasciati ingannare dal nome: Dietlinde Gruber. Avranno pensato che si trattasse di una ferocissima economista tedesca, amica della Merkel. Insomma, la ragazza il feeling con i tecnici ce l'ha. Ma ciò non significa che abbia cambiato di mezza virgola le sue opinioni politiche. Non a caso era in predicato per la direzione della nascente versione italica del quotidiano online Huffington Post, realizzata, guarda un po', dal gruppo Espresso. Al suo posto hanno preso Lucia Annunziata. Ora, come minimo, serve una seggiolina consolatoria al Tg1 tecnico. Dove, immaginiamo, potrebbe rimanere più a lungo che al Parlamento europeo. In fondo, per passare da «legata ai partiti» a «legata alla poltrona» ci vuole un attimo.