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Burla sulla crisi: "Italia si sposta da precipizio, ma il cratere si allarga"

Il premier visto da Benny

L'ultima del Professore: "E' il vuoto che ci rincorre, ma il mondo sa che non ci caschiamo"

Andrea Tempestini
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«Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia, lo giuro su Dio!». Trentadue anni dopo, il tracagnotto dei Blues Brothers ha finalmente trovato uno sfidante alla propria altezza per la categoria “scuse pietose”: Mario Monti.  Cosa ha detto il primo ministro italiano per guadagnarsi l'accesso a tanta sfida? Che se noialtri italiani rischiamo di finire nel burrone la colpa non è nostra ma del burrone medesimo che «ci sta rincorrendo»: una cosa a metà tra la nuvola del ragionier Fantozzi e i crepacci western dei cartoni di Wile E. Coyote. D'altronde, non che il premier avesse molta scelta. Richiesto di un commento circa le turbolenze che l'Italia ancora affronta sui mercati internazionali, Monti deve muoversi su un sentiero assai stretto. Da una parte una sanguinosa realtà che non può essere occultata (specie da parte di chi ha più volte accusato i propri predecessori di «avere negato fino a poco tempo fa» i problemi economici del Paese). Dall'altra un governo i risultati del cui lavoro, per ovvi motivi di bottega, non potranno che essere magnificati. E allora come se ne esce? Se il Paese è sull'orlo del baratro e dare la colpa al Paese non è un'opzione, che si fa? Facile, si dà la colpa al baratro: «Ci siamo spostati dall'orlo del precipizio», spiegava l'ex rettore della Bocconi ieri mattina a margine di una cerimonia a Milano, «solo che il cratere si è allargato e ci sta rincorrendo». Come a dire: noi il Paese fuori dal dirupo l'abbiamo anche portato, che ci possiamo fare se il dirupo si mette a darci dietro? Senza contare che le ricadute dell'inatteso inseguimento potrebbero gettare nel dramma un intero continente. Perché non solo nessuno dei grandi del mondo si è accorto che il precipizio ci sta alle calcagna. Credono pure che il burrone ormai per noi sia un ricordo. A dare l'allarme ci ha pensato lo stesso Monti, tornando nel pomeriggio sullo stesso concetto affrontato in mattinata: «Al prossimo G20», ha detto il premier parlando dal palco della festa bolognese di Repubblica, «andrò con animo sereno, perché siamo tra quelli a cui viene chiesto come far funzionare meglio l'Europa e non quando cadrete nel precipizio». Non sanno, gli illusi, che il baratro incombe. La speranza è che quando vedranno Monti arrivare al vertice di Baja, California, tallonato da un crepaccio che guadagna terreno inghiottendo le auto della scorta e i giornalisti al seguito, i big della Terra si rendano conto di quanto sia segnato il destino dell'Italia. Fuor di facezia gli archivi segnalano che, all'inseguimento o meno che sia, il precipizio da qualche tempo pare avere preso ad occupare in maniera sempre più invasiva i pensieri del presidente del Consiglio. Solo nell'ultimo mese, Monti si è trovato a disquisirne per ben tre volte (lo score dei sei mesi precedenti restando inchiodato a quota zero). La prima volta (16 maggio) per ricordare che «un Paese che era sull'orlo del precipizio aveva bisogno di consolidare i conti pubblici». Poi - era il 22 maggio - per sottolineare che «un Paese che era sull'orlo del precipizio aveva bisogno di consolidare i conti pubblici». Tre giorni dopo, le prime avvisaglie che il precipizio si è risvegliato ed è tornato ad esigere il proprio tributo di sangue: «L'Italia», spiegava Monti intervistato dal Tg1 il 25 maggio, «era su una strada che a un certo momento ha avuto una curva, quando ci si è accorti che andando dritti si sarebbe finiti in un precipizio. Quindi c'è stata una svolta ma il terreno è ancora montagnoso». E adesso ha pure iniziato a correrci dietro. di Marco Gorra

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