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Ecco perché Roberto teme Scalfari più della Camorra

Dopo De Mita, Veltroni e Rutelli Repubblica candida l'autore di Gomorra alla guida del centrosinistra. E lo scrittore, visti i precedenti sfortunati, dice no

Giulio Bucchi
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Barbapapà vuole bene ai suoi figli, almeno fino a quando non li scarica. Sono i figli che cominciano a non voler bene a Barpapapà e ad abbandonarlo prima di essere scaricati. Barbapapà, per quei pochi che non lo sapessero, è Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica. Il soprannome gli fu affibbiato, immaginiamo qualche secolo fa, in redazione. I figli sono tanti. L'ultimo della serie è Roberto Saviano, il ragazzo di Gomorra (ex ragazzo). Papà Eugenio voleva per lui un grande avvenire in politica. Il giovanotto è conosciuto, volto noto della tv, se non fosse per gli occhi a mezz'asta avrebbe anche uno sguardo intelligente. Parla sufficientemente male di Berlusconi, ha voglia di fare ed è un populista. Ottimo. Può essere l'antigrillo, il politico nuovo alla testa di una lista civica nazionale in grado di raccogliere i voti della protesta. Lista, ovviamente, di supporto al centrosinistra e al Pd. Detto, fatto: «Senza Saviano, - ha sentenziato Barbapapà - la sinistra perde le elezioni». Saviano ha letto, ci ha pensato su un secondo e ha rifiutato. Mezzo rifiuto, per la verità. Comunque, ha preso le distanze. Se papà Eugenio mi lancia, deve aver pensato, come minimo centra la finestra. Piano attico del grattacielo di sinistra. Gentilmente, dico che è un genio e non lo seguo. Mica fesso, il ragazzotto. Scalfari, autonominatosi padre nobile della Patria, è un grande giornalista con un grandissimo difetto: trasforma i suoi cavalli, anche quelli vincenti, in brocchi. Accarezza, coccola, avvinghia. E spesso il suo è un abbraccio mortale.  Come ha scritto Giampaolo Pansa, Scalfari è un mix unico tra libertinaggio politico e protagonismo. Non sono le doti di un talent scout. Piuttosto, quelle di un primattore abituato a servire se stesso e non gli altri. Meglio mantenersi a distanza di sicurezza. Ricordate? In uno dei suoi ricorrenti innamoramenti, Scalfari perse la testa per De Mita. Ovvio: Barbapapà aveva sul gozzo Craxi. De Mita aveva Craxi sui cosiddetti. E De Mita, per Scalfari, divenne un genio. Eugenio ne disse un gran bene, Ciriaco ne fece di tutti i colori politici, fino a quando perse la segreteria dc e poi anche la presidenza del Consiglio. Papà Eugenio non batté ciglio. Aveva già altri amori. Ricordate? Lui era Walter Veltroni, abbastanza giovane (all'epoca) e già navigato. Gli piaceva fare l'americano, stravedeva per l'Africa, era stato comunista ma non proprio comunista. Un ibrido politico. Il figlio (adottivo) perfetto per chi era stato eletto deputato, sia pure come indipendente, nelle liste del Psi, aveva partecipato alla fondazione del Partito radicale, era stato vicino ai liberali, aveva condiviso molte idee di Enrico Berlinguer e tutto sommato era e resta un ibrido politico. Sapete come finì l'avventura da aspirante premier di Veltroni. Stritolato dall'abbraccio di Scalfari e dalla concorrenza di Berlusconi. L'impressione è che da allora Walterino bello non si sia più ripreso. Ricordate? Giuliano Amato, ottimo perché era socialista, e soprattutto perché si era allontanato dal craxismo. Lamberto Dini, perfetto non sappiamo bene per quale motivo politico, ma qualcosa devono entrarci i cosiddetti poteri forti, ai quali Scalfari è stato sempre molto attento. Francesco Rutelli, abbastanza insipido, superlativo per fare da spalla a Scalfari il protagonista (Pansa docet). Oggi Mario Monti e anche Corrado Passera, in qualche modo, almeno nella visione scalfariana, repliche di Lamberto Dini. La mano infausta di Barbapapà ha accarezzato tutti i leader, veri, presunti, in pectore, ipotizzati e accennati, del centrosinistra e anche del centro di questi ultimi anni, Bersani escluso. E forse per questo la sinistra il più delle volte ha perso la partita col centrodestra. Micidiale, il talent scout al contrario. Ricordate? Lui, questa volta, si chiamava Renato Soru, governatore uscente della Sardegna. Aveva non pochi dubbi, la ricandidatura non lo stuzzicava. Disse, dall'alto del suo celeste seggio, il fondatore della Repubblica: «Lei è un uomo del Pd. Il partito e la Sardegna hanno bisogno di lei». Investitura. Soru si presentò e fu trombato. Al suo posto, Ugo Cappellacci, Popolo delle Libertà, 9 punti percentuali di distacco sul rivale, 18 nel voto di coalizione. Un abisso.  Ricordate? Persino Veronica Lario, moglie di Berlusconi, è stata virtualmente abbracciata dal grande padre di Repubblica. Veronica è legalmente separata da Silvio. La separazione, come molte e più di tante altre, pare sia stata difficile e dolorosa. Papà Eugenio, lei ovviamente non ci abbraccerà mai. Non può abbracciarci. Non siamo interessati alla politica, non la pensiamo come lei e non siamo neppure giovani, né facciamo finta di esserlo. Però, dopo aver letto quest'articolo e averlo profondamente biasimato, lo consideri almeno un promemoria. Non si sa mai. di Mattias Mainiero

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