Pietro Senaldi: "Mario Monti in tivù è più a suo agio che al governo. E noi lo preferiamo lì"
Non sono solito utilizzare Libero per tornare sulle mie comparsate televisive. Farò un'eccezione per il professor Monti, con il quale venerdì sera ero ospite su La7 a In Onda, la trasmissione condotta dalla coppia estiva di mostri della sinistra, in senso buono, Parenzo e Telese. Il senatore a vita era contento di vedermi, tant'è che ha ignorato i conduttori e mi ha praticamente fatto un'intervista sulle intenzioni di Salvini al governo. Naturalmente non gli interessavano le mie risposte, le quali peraltro erano dettate dal buonsenso e dall'analisi dei fatti e non da confidenze quotidiane che il ministro dell' Interno non mi fa. Attraverso le sue domande, voleva mettere in ridicolo l'azione di governo del vicepremier, e forse un po' anche me, giacché probabilmente mi considera l'esegeta del leader leghista. L'ex premier ricorreva assiduamente all'arma dell'ironia, ma non essendo lui dotato dell'umorismo di Fiorello, ci ho impiegato un po' a capirlo. Mi è stato chiaro quando, da senatore a vita, professore universitario, euroburocrate, presidente della Trilateral, membro del comitato esecutivo dell'Aspen, primo presidente del Brugel, consulente di Goldman Sachs e mille altre cose mi ha accusato di essere casta in quanto giornalista. È stato lì che ho intuito che con la performance su La7 puntava anche all' Oscar, forse la sola onorificenza che manca dal suo curriculum. Monti infatti ha recitato tutte le parti, tranne che la sua: ha fatto il comico, l' anti-casta, a tratti perfino il grillino, pur di attaccare Salvini. Leggi anche: "La sempre amabile...". Che botte tra Senaldi e Monti a In Onda: Parenzo e Telese, estasi in diretta Ma dove è risultato meno convincente è quando ha cercato di indossare i panni dello statista con la ricetta in tasca per risollevare il Paese. No grazie, abbiamo già visto e dato. È vero, Monti ereditò una situazione difficile, l'Italia era malata, ma gli italiani erano vivi. Con lui, l'Italia non è guarita ma in compenso si sono ammalati gli italiani. Conosco il professore, abita vicino a me, è sempre stato cortese e mi può capitare di incontrarlo la domenica in trattoria o davanti alla chiesa. Per questo, oltre che per educazione e rispetto, ho desistito dall'aggredirlo in diretta come mi pregavano di fare decine di telespettatori che mi scrivevano sui miei social o direttamente sul telefonino a trasmissione in corso. Siccome so che è più interessato di quanto non dia a vedere all'opinione della gente e mi ha confessato di leggere i miei articoli, gli voglio sintetizzare, debitamente edulcorati, i pensieri di molti ascoltatori. ITALIANI TUTTI D' ACCORDO - Caro professore, lei è stato il solo politico, perché altrimenti non posso chiamare uno che ha fondato un partito, per quanto di breve durata, e ha preteso il laticlavio a vita per il disturbo di salvare il Paese, che ha messo d' accordo tutti gli italiani. Non importa se uno sia leghista, grillino, comunista, forzista o del Pd, nessuno si augura il suo ritorno e tutti hanno un cattivo ricordo del suo governo, che ha ucciso politicamente ogni ministro che vi ha fatto parte, oltre ai partiti che lo hanno sostenuto. So che di questo lei darà la colpa a 60 milioni di italiani piuttosto che a se stesso, ma siccome io rispetto chi nella vita ha studiato e ha avuto più successo di me, non sto a muoverle accuse facili, ma la invito a considerare la realtà anche da punti di vista che non siano esclusivamente il suo. Le chiedo però indulgenza per la coppia Salvini - Di Maio: sono stati rimandati a settembre dall'Europa ma lei vorrebbe bocciarli senza consentire loro di sostenere l'esame. I ragazzi non saranno delle aquile, ma tutti possono sbagliare; a chiunque può capitare di scordarsi di trecentomila esodati, di fare la guerra alle barche in un Paese con 7.500 chilometri di coste e qualche centinaio di laghi, o di voler rilanciare i consumi con i blitz della Finanza nei negozi, giusto per fare alcuni esempi. Concordo con lei, siamo un Paese per molti versi irresponsabile e indegno, forse ingovernabile. Ma non siamo scemi. Se avessimo intravisto in lei le stimmate del governante di razza, ci sarebbe almeno uno in questo Paese al quale verrebbe la tentazione di offrirle una seconda chance, anziché lasciarla nell'armadio dei ricordi con Fini, con il quale, se ben ricordo, lei si alleò. Che fiuto. di Pietro Senaldi