Sea Watch, Paolo Becchi: "Ingerenza inaccettabile da parte della Germania. Elisabetta Trenta grande assente"
Si parla tanto di Unione europea e di partner europei, ma poi ognuno fa i cavoli suoi e ti pugnalano pure alle spalle. L' ultima testimonianza è rappresentata dalla totale assenza della Ue nella gestione di quaranta migranti sulla nave Sea Watch. Ma fosse solo questo il problema. Ormai ci siamo abituati. C' è di peggio. Ieri, dopo l' arresto sacrosanto di Carola Rackete - capitano della Ong "pirata" che ha violato tutte le leggi possibili ed immaginabili - il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha twittato: «Salvare la vita umana è un dovere umanitario. Il soccorso in mare non può venire criminalizzato. La giustizia italiana chiarisca velocemente queste accuse». Un'ingerenza indebita e inaccettabile, almeno per tre motivi. Il primo riguarda la giurisdizione, che è esclusivamente italiana per via del principio generale "locus commissi delicti" (art. 8 del codice di procedura penale). Il reato più grave (tentata strage quando la "capitana" ha schiacciato la motovedetta della nostra Guardia di Finanza), è quello che determina la competenza giurisdizionale in materia penale, che quindi è senza dubbio italiana. Leggi anche: "Strategia di isteria", una Francia senza vergogna. Salvini li stende: "Mandiamo i barconi a Marsiglia" Secondo aspetto è quello del presunto carattere umanitario con cui il ministro degli Esteri tedesco vorrebbe proteggere la sua connazionale. Non regge. Umanitario è semmai il tentativo di salvare le vite di persone che stanno annegando, non di violare tutte le leggi nazionali e del diritto internazionale per costruirsi l' immagine di eroina. La capitana ha violato le norme italiane in materia di sicurezza e tutte le convenzioni internazionali che, al di là di quanto ne dicano gli intellettuali sinistrati di casa nostra, impediscono a qualunque tipo di imbarcazione di violare le acque territoriali, senza il consenso dello Stato titolare del confine marittimo. Sul punto, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare stabilisce che una qualsiasi imbarcazione battente bandiera straniera non può entrare in acque territoriali senza il consenso dello Stato che detiene la sovranità su quelle acque, altrimenti è atto ostile. Il terzo aspetto è ancor più grave. Quando si oltrepassano i confini di uno Stato sovrano senza il suo consenso, tentando addirittura di abbattere un mezzo di navigazione militare, si può configurare addirittura un atto di guerra verso lo Stato. Dunque, quando il tedesco Maas giustifica il comandante della nave, intende giustificare anche un atto di guerra contro lo Stato italiano? Alla faccia di chi dice che la Ue garantisce la pace. Ma vi è di più. Il ministro si rivolge addirittura alla magistratura italiana, calpestando i nostri principi costituzionali di autonomia e indipendenza dell' ordine giudiziario (art. 104 della Costituzione). Ci manca solamente che un tedesco ci scriva pure le sentenze, dopo che già il suo Paese ci condiziona sul debito pubblico. Ora il governo italiano convochi l'ambasciatore tedesco a Roma e chieda spiegazioni. In questa vicenda la grande assente è il nostro ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che non ha pensato neppure un secondo a difendere la sovranità italiana. di Paolo Becchi e Giuseppe Palma