Vittorio Feltri, perché Sergio Mattarella deve liberare Roberto Formigoni
Non sono una persona nota per l' eccessiva sensibilità. Eppure sono quaranta giorni che fatico a prendere sonno. Per la maggior parte dei colleghi imbrattacarte, che da cronisti si sono trasformati in allegri questurini, sarò, una volta saputa la ragione della mia agitazione notturna, oggetto di scherno, ma non mi importa un fico secco del parere di chi non stimo. Il fatto è che mi viene in mente Roberto Formigoni. Se ne sta in cella, a 72 anni suonati, condannato al massimo dei massimi della pena, per una colpa idiota: quella di essersi tuffato da un natante un paio di volte, oltretutto con uno scadente mutandone. Leggi anche: Formigoni, negati i domiciliari: il dramma in carcere, in cella il letto è pure corto Un esercizio di cui era ammirato specialista Gianni Agnelli, il quale però a differenza dell' ex governatore della Lombardia aveva la riconosciuta finezza di esibirsi con eleganza, i riccioli romanticamente al vento, ignudo e tenendosi il bigolo in mano. Tutto lì? Non ci si crede, tuttavia dietro formule da azzeccagarbugli avvelenati dal moralismo, non scorgo altro. Più rileggo i resoconti del processo, e constato la galleria fotografica che ne fungeva da illustrazione, e più diventa chiaro che si è trattato di un caso tipico non di uno Stato di diritto bensì di uno Stato etico. Dove non si applica la legge sulla base di prove di grassazioni e di arricchimenti indebiti, ma la si trasforma in un cappio ad uso dell' invidia vendicativa di avversari politici e di falsi amici. È noioso per i lettori ripercorrere le accuse e i reati di cui l' ex governatore è stato giudicato colpevole in via definitiva. Repetita iuvant. I magistrati non hanno trovato un soldo nei suoi conti, dopo aver rastrellato la Svizzera e non so quali altri paradisi fiscali. I Tribunali hanno riconosciuto che non c' è stata alcuna circolazione di denaro ciononostante si è ripiegato sulla formula «altra utilità». Hanno perciò misurato in milioni di euro il beneficio di essersi fatto trasportare gratis a prendersi la tintarella su uno yacht di un ricco signore, una pratica consueta peraltro a molti giornalisti, sia pure su panfili in dotazione di compari danarosi di circoli berlinesi. Si sono travestiti da verginelle contro la baldracca unica, il Capro Celeste. Personalmente lo ritengo meritevole di un ritiro in un' abbazia priva di monache per tre mesi. Ma cinque anni e dieci mesi, senza alcuna possibilità di beneficio, cioè pena alternativa, permessi, come un Totò Riina, e per di più sulla base di una legge approvata pochi mesi fa, ma nel suo caso applicata con un balzo a ritroso, sono una forma di tortura ad personam. Formigoni che cosa avrebbe combinato pur di pucciare i piedi nei Caraibi? È stato giudicato e ingabbiato come un criminale per aver assegnato un finanziamento cospicuo ad un ente ospedaliero privato, i cui servizi d' eccellenza erano e sono a disposizione gratuita di ogni cittadino. Quegli stanziamenti, secondo funzionari giudicati innocenti, erano dovuti, così come se ne stabilirono con identico criterio, ad altre decine di istituti pubblici e no. Del resto hanno dato buoni frutti. La rete ospedaliera lombarda, usufruibile da tutti gli italiani, durante gli anni formigoniani ha scalato le classifiche stilate da organismi internazionali, divenendo la migliore d' Europa. Questa verità fattuale non è stata negata dalla sentenza, ma è stata giudicata un «colossale sistema di truffa nella sanità». Sistema? In effetti è stata una scelta collettiva di organi democratici. La giunta aveva votato a favore dello stanziamento incriminato, e pure il consiglio regionale aveva detto di sì. E allora che sistema è se si punisce soltanto Formigoni? La responsabilità è personale, non si colpisce un individuo per la decisione di un organo collettivo, invece per lui, dato che è ritenuto un uomo pio, si è applicato il motto che il Vangelo attribuisce al Sinedrio: è meglio che uno solo paghi per tutti. Mi rendo conto di apparire esagerato e dinanzi allo stuolo di ingiustizie che assiepano la storia dell' umanità, quella di cui è oggetto l' ex governatore della Lombardia risulterà a tanti trascurabile. Eppure questa è una schifezza che accade vicino a me, riguarda una persona a cui non solamente i lombardi devono molto: ha governato la Regione - un' istituzione brevettata al Sud come idrovora di risorse pubbliche - in un gioiello di efficienza. Trattare il buon governo come fosse marciume e corruzione è un capovolgimento della realtà. Mi dicono che l' uomo sopporti con vigore la prova, però visto che la sentenza è irrevocabile, si attenui almeno l' ingiuria. Finora, niente da fare. Gli avvocati hanno chiesto invano gli arresti domiciliari, per via dell' età, e dell' articolo 25 della Costituzione in base al quale «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso». Il procuratore generale, nel chiedere al Tribunale d' Appello di negare questa pena alternativa, è stato beffardo: di che deve lamentarsi il Celeste? «Ci sono carceri e carceri. C' è chi viene mandato a Opera o a Busto Arsizio, dove le celle sono strettissime. E c' è chi invece viene mandato a Bollate, un carcere cinque stelle, celle aperte tutto il giorno, laboratori di pasticceria, laboratorio di pelletteria, non sembra neanche una prigione». Che goduria, non è vero? Prometto che, finché avrò energie, e saprò picchiare sui tasti con le dita, mi batterò contro tale ingiustizia. Voglio dormire bene la notte. di Vittorio Feltri