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Mario Giordano: com'è umano l'Ordine dei giornalisti, processa chi critica l'Islam ma almeno non ti sgozza

Giulio Bucchi
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Ma in fondo Magdi Allam che cosa vuole? Manco lo abbiamo sgozzato. Il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, si stupisce che qualcuno si stupisca. C'è un collega che denuncia da sempre il terrorismo islamico, e per questo rischia al vita ogni giorno, e l'Ordine dei giornalisti anziché dargli un premio o citarlo ad esempio nelle scuole, che fa? Lo mette sotto processo. Con l'accusa di «islamofobia». A voi pare strano? Al presidente Enzo Iacopino no. A lui pare il minimo. Perché, spiega, Magdi Allam avrà (pensate un po') persino il diritto di difendersi. Proprio così: l'Ordine dei giornalisti garantisce a chi è accusato il diritto di difendersi. Pofferbacco, che lusso, che esibizione di civiltà. Del resto pare addirittura che il medesimo Ordine, in uno slancio di illuminismo senza pari, non costringa nemmeno i suoi imputati a indossare la tuta arancione, che non li faccia inginocchiare nel deserto e soprattutto pare che non tagli loro la gola. Forse, ma non è ancora sicuro, durante le riunioni non impone neppure alle donne di indossare il burqa. E allora: non vi basta come esercizio di libertà? Che volete di più? Esprimere le vostre idee liberamente? Non vi pare troppo? Ecco i soliti viziati dell'Occidente infedele e opulento. Ebbri di diritti civili, rigonfi di principi liberali, forse voi ritenete che sia normale che un Ordine professionale garantisca il diritto alla difesa. E trovate magari un po' strano che il presidente del medesimo Ordine scelga di usare come termine di paragone il boia che ha decapitato James Foley. Ma è solo perché non vi siete ancora convertiti all'islamismo strisciante e dominante, al Forza Corano dei nostri tempi, non fate parte dell'affollata curva ultrà dei tagliagole. Altrimenti non trovereste nulla di strano nel leggere la risposta del presidente Iacopino che recita testualmente: «Questa procedura (cioè il processo a Magdi Allam) conferma che le ragioni di tutti vengono valutate con attenzione. Una differenza non marginale, ad esempio e senza generalizzazioni, con chi vive di una giustizia, sommaria e tutta sua, sgozzando davanti alla telecamera un giornalista». Parole scolpite nella storia del giornalismo. E dunque, cari colleghi, gioite ed esultate: all'Ordine non vi tagliano la gola. Per stavolta, almeno. Non è entusiasmante fare parte di un Ordine che ha fatto il primo passo verso la civiltà? Adesso abbiamo capito che chi esprime un'opinione non va decapitato. Eureka, alleluia, fate suonare le campane, avanti che siamo sulla buona strada. Ora ci domandiamo: quale sarà il prossimo passo? Il presidente Iacopino ci spiegherà che i giornalisti che finiscono sotto processo devono considerarsi fortunati perché l'Ordine non ha ancora adottato la pratica della tortura? Oppure ci farà sapere che in fondo non c'è niente di male a accusare qualcuno per aver denunciato il rischio islamico, almeno fino a quando non sarà prevista nei suoi confronti la pena della crocifissione? Leggete e rileggete, per cortesia: se uno vuole avere l'idea di quanto la civiltà islamica 2.0 abbia bruciato le sinapsi collettive deve partire da lì, dall'ultimo paragrafo della lettera di un presidente dei giornalisti che non solo dà per scontato che ci sia un processo per qualcuno che ha denunciato una cosa vera, ma gli suggerisce di esultare per quel processo, perché in fondo, c'è una «differenza non marginale» con chi usa verso i giornalisti una «giustizia sommaria sgozzando(li) davanti alla telecamera». E se questo è l'organo che dovrebbe battersi per la libertà di parola, voi capite bene come stiamo messi. Praticamente abbiamo già la tuta arancione addosso. Perché la verità è che il pericolo islamico nessuno vuole davvero guardarlo in faccia. Meglio far finta di niente. Meglio nascondere le immagini, censurare le foto, e tagliare la lingua a chi osa rompere il velo di ipocrisia. Anche Oriana Fallaci subì processi (quattro) per le sue parole sull'islam. Li chiamava «i miei trofei». E ancora oggi viene offesa da chi, come Furio Colombo, considera le sue ultime opere, da «la Rabbia e l'Orgoglio» in poi, come frutto decadente di un'anziana malata, roba che non va presa sul serio a differenza di altre opere fondamentali come «Insciallah», di cui magari non si sa scrivere il titolo, ma che funziona bene per riempirsi la bocca. E di fronte a questa nostra pavidità, m'immagino come se la ridono, i tagliagole di Maometto. Lì nelle loro caverne tecnologiche, immersi nel loro Medioevo on line e wi-fi, ci guardano, ci vedono così tremanti di fronte alla loro avanzata, vigliacchi fino al midollo, ci osservano mentre facciamo finta di nulla, ne sgozzano uno e noi guardiamo dall'altra parte, ne decapitano altri quattro e noi non reagiamo, allora massacrano migliaia di cristiani porta a porta e noi ancora zitti. Poi finalmente si accorgono c'è un sussulto di reazione: «Guarda, sì, adesso si sono incazzati davvero». «Ma con chi se la sono presa?». «Ah, con Magdi Allam». «Perfetto: ma non gli tagliano la gola?» «Non ancora: per il momento si accontentano di tagliargli la lingua». Sì, per ora gli stiamo solo tagliando la lingua. Ma non disperate, sanguinari figli del Califfato. E aspettate con noi la prossima lettera del presidente dell'Ordine Enzo Abdul Iacopino. Se sarà una circolare sui pro e contro della lapidazione o l'invito a rispettare il ramadan, per noi non ci sarà più speranza. di Mario Giordano

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