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Stefano Noferini, 20 anni di storia di dance italiana: "Italia, guarda avanti e fai squadra"

Nome mitico del clubbing nostrano, ormai è di casa a Ibiza e cittadino del mondo: "Il segreto del successo? Non guardare al passato. Ma tra poco mi butto su Bowie..."

Leonardo Filomeno
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Di un artista come Stefano Noferini si possono scrivere un'infinità di cose. Vale la pena partire dalle più semplici. Per esempio dalla Toscana, che è la terra in cui è nato. O dal fatto che gli ultimi 20 anni li ha passati a scrivere la storia del clubbing italiano e ora anche internazionale. Ma soprattutto che è un dj underground, quindi non un David Guetta ma un mito dell'elettronica osannato a svariate latitudini. In tutto questo l'Italia è solo vagamente presente. Un po' perché col tempo ce lo siamo lasciati scappare, un po' perché lui stesso si sente "parte integrante di un ingranaggio che va oltre il singolo paese, un qualcosa che mi porta a considerare ogni nazione uguale all'altra". Infatti il suo calendario di date è praticamente infinito, globale. A prova di crisi.

 

Partiamo dalle nuove capitali della dance, giri talmente tanto che in ogni racconto c'è sempre qualche sorpresa...  

"E' vero. Prendi il Sud America: è un territorio importante per la musica underground. Anche New York è stupefacente, ha un pubblico vitale, di livello, e tutti i locali chiudono già alle 3 di notte, alcuni addirittura alle 2. Guai, comunque, a dimenticare le discoteche europee, tra le più belle al mondo".

Molti dicono che ad Ibiza l'atmosfera non sia più quella di un tempo...   

"Lo dicono perché non ci vivono. E' un posto che non conosce eguali. L'importante è saper scegliere le situazioni giuste".

Ma l'Italia, in fatto di nightlife, è davvero così indietro?  

"Assolutamente no. Certo, noi ci impegniamo forse anche troppo nel non portare avanti un'idea, un progetto...".

In che senso? 

"Prendi i promoter, gli artisti stessi: difficilmente fanno squadra. Diciamo che così, un movimento come il nostro che è davvero forte (chi ha vissuto negli anni Novanta lo sa), fa fatica a crescere".

I primi anni 2000 ci hanno dato una bella mazzata...  

"Sì, l'errore è stato quello di riversare il mondo del club in quello dello spettacolo, tra GF vari, gente che diventava dj dal nulla e personaggi che emergevano più per una questione di immagine. La vera essenza di questo mondo, e cioè la musica, è passata in secondo piano, assieme a quei gruppi di persone che in discoteca ci andavano per ballare l'elettronica, di cui conoscevano vita, morte e miracoli. All'estero è ancora così".

Come si fa ad essere dei precursori restando se stessi? 

 "Un background solido fa molto. Nel senso che, producendo dalla fine degli anni Ottanta, ho vissuto un po' tutte le tendenze della musica da ballo. Il mio orecchio è allenato e spesso riesco ad intuire quello che accadrà nei prossimi anni".

Quest'estate hai fatto bingo cucendo su una base house un pezzettino di The end dei Doors, mentre adesso sei al lavoro su qualcosa che riguarda David Bowie.

"Sto lavorando su una traccia del Duca Bianco e tra non molto saprò se uscirà un remix o una cover. Il nome del pezzo in questione è top secret".

Nel nuovo singolo That sound, che è già un grande successo sul digital store Beatport, collabori con Mark Knight, mentre assieme allo sloveno Umek con Goes on hai vinto un premio come traccia dell'anno nell'ambito degli Idma, gli Oscar della dance. Se dovessi scegliere qualche altro artista con cui collaborare, su chi cadrebbe l'occhio? 

"Tra gli italiani, senz'altro i Tale Of Us. A livello internazionale, oltre a quelli con cui sto già collaborando, mi piacerebbe fare qualcosa con Green Velvet".

Tuo figlio Gabriele lavora con te, è una gran bella cosa... 

"Lui è l'anima dell'etichetta Deeperfect, visto che seleziona le tracce e le sottopone alla mia attenzione. Nel team ci sono anche Mizar, che è la spina dorsale della nostra struttura, e Andrea Ricci, il mio tecnico di studio".

Sei responsabile del successo di tanti artisti (per restare all'attualità, vengono in mente i Mr. Bizz). Ma oggi il trampolino di lancio per i giovani dj è davvero la hit dance nelle classifiche? 

"Il discorso discografico è importante, ma le classifiche non bastano. Devi essere bravo, altrimenti le serate finiscono. Servono le strutture, dei bravi manager...".

Un investimento su se stessi. Ma chi è giovane come fa? 

"Spende più soldi di quanti ne guadagna, come facevamo io e tanti altri all'inizio. E lavora senza sosta. Poi, di solito, qualcosa succede".

La tua carriera non ha mai conosciuto battute d'arresto.  

"Non ci penso, e soprattutto non guardo mai indietro. E' il futuro che dà nuovi stimoli".

Vivi il successo se fosse un grande inizio...   

"Esatto. E la gioia dei bei risultati è sempre quella dei primi tempi".

 

 


 

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