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Muse in concerto a Roma: "Abbiamo pagato una tangente per i fuochi d'artificio"

Matt Bellamy, leader dei Muse

Il leader della rock band inglese Matt Bellamy getta ombre sul live-evento dello scorso 6 luglio all'Olimpico. Gli organizzatori smentiscono: "Era tutto regolare"

Eleonora Tesconi
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Una dichiarazione che ha fatto scalpore, quella di Matt Bellamy, il cantante dei Muse che con le tre date italiane di fine giugno negli stadi di Torino e Roma, hanno fatto il tutto esaurito. Concerti grandiosi quelli del noto gruppo britannico, non solo per la musica, ma anche per la "spettacolarità" degli show. A questo riguardo, il frontman della band aveva rivelato di aver dovuto pagare una "bustarella" per avere i fuochi d'artificio.  La smentita - Ma già oggi è arrivata la smentita, e proprio da parte degli altri membri della band.  Tramite un comunicato giunto dal promoter italiano del gruppo, Vivo Concerti, i musicisti hanno affermato:  "Abbiamo solo pagato le tasse". Bellamy ha raccontato che per portare in giro per stadi e arene il loro imponente show, si trovano spesso di fronte a difficoltà e imprevisti. Forse è questo il motivo che lo ha spinto a parlare di "corruzione": "Tutte le volte abbiamo dei problemi. Ci sono contabili e legali che devono discutere con ogni tipo di ente locale, polizia e promoter". E per citare un esempio rivela che a Roma i Muse hanno "dovuto telefonare all'ambasciata britannica per parlare con qualche funzionario". Licenza regolare -  Vivo Concerti, dal canto suo, si era già opposto quando il giornale inglese aveva riportato le parole di Bellamy: "La licenza (per i fuochi d'artificio) è stata concessa dalle autorità competenti dopo le opportune verifiche che hanno dimostrato che tutto era sicuro e regolare e dopo aver puntualmente messo in atto ed ottemperato a ogni disposizione di sicurezza e accorgimento tecnico richiestoci, come è successo in tutte le altre città".

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