Mario Balotelli, furioso a fine partita: sale sul pullman da solo
L'ultima grande occasione è sfumata? Il credito è esaurito, per sempre? Possibile. Il protagonista della grigia parabola è Mario Balotelli, il più chiacchierato e discusso degli azzurri. Dopo il gol nell'esordio con l'Inghilterra, il suo mondiale è stato un clamoroso calando. Impalpabile con la Costa Rica, sostituito alla fine del primo tempo nel match con l'Uruguay che ci ha condannato all'eliminazione nel girone, proprio come nel 2010. Contro i sudamericani, nella partita decisiva, Mario non ne azzecca una. Provocato, si mostra nervosissimo e guadagna un giallo (che gli vale una squalifica, se e quando mai giocherà ancora in azzurro). Cesare Prandelli decide così di non rimandarlo in campo nel secondo tempo: al suo posto dentro Marco Parolo. Un cambio discusso e discutibile, ma non tanto per la scelta di lasciare fuori il (teorico) Super Mario. Tutti d'accordo: il milanista, stasera, meglio averlo in panca che in campo. Il problema è che l'Italia è rimasta senza attaccanti, ma questo è un altro discorso. "Non riesci mai a capire quando è calmo e quando è nervoso. Lo consideravo un giocatore importante e l'ho sostituito perché avevamo paura di rimanere in dieci", ha spiegato Prandelli a fine partita, nella conferenza stampa in cui si è dimesso. Ma calmo, contro l'Uruguay, Balotelli non lo era affatto. Lo si è visto anche dopo il cambio, quel muso lungo in panchina, tutto solo, defilato con gli occhi lucidi. Ma lo si è visto soprattutto a fine partita. L'Italia, sconfitta e distrutta, si raccoglieva negli spogliatoi dello stadio di Natal, attorno al suo allenatore, a meditare sui perché della debacle. Tutti chiusi dentro. A parte uno. La porta si apre, ed esce Balotelli. Cuffione sulle orecchie, e via dritto verso il pullman, dove sale da solo e per primo. Forse, anzi probabilmente, in polemica con Prandelli, "reo" di averlo sostituito. In polemica con quell'allenatore che gli aveva concesso un'altra occasione, forse l'ultima di una carriera fino ad oggi sprecata.