Speciale Arbiter, lezione di stile: il guardaroba di 43 personaggi vip (c'è anche Feltri)
«Entrando, le 24 ante sembrano tanti menabò di vari servizi giornalistici appesi all' armadio come un timone del giornale, riflettono e si specchiano alla luce del giorno. Aprendo le ante una dopo l' altra, si nota l' evidente segno grafico di come ho impaginato ogni spazio, cassetto, ripiano o supporto... Ogni anta ha la sua grafica, la sua storia che unisce i valori del vestire del passato a quello della contemporaneità», così Franz Botré, direttore ed editore di "Arbiter", illustra il suo sontuoso guardaroba. Una stanza di buona metratura con due finestre ampie e armadiature su misura alte sino al soffitto, con ante a specchio che racchiudono e sigillano i capi all' interno. In confronto Sarah Jessica Parker, con il suo guardaroba, sogno di tutte le donne, in Sex and the City, è una dilettante. Di sicuro i 43 personaggi che hanno aperto gli armadi di casa dei quali sono gelosissimi a "Essere e vestire", numero speciale (il secondo dopo quello dedicato alla sartoria) di "Arbiter", sono uomini di stile che tengono abiti sartoriali e calzature su misura come tesori preziosi. Nemico del disordine - Gentlemen consapevoli del fatto che «la trascuratezza nel vestire è un suicidio morale» (Honoré de Balzac) e forse un po' maniaci dell' ordine, o semplicemente come si definisce Vittorio Feltri, «nemico del disordine». Il direttore di Libero, che privilegia «la comodità evitando delle forzature che non sono estetiche ma volgarizzanti», mostra la sua lussuosa cabina armadio, dove tutto è a portata di mano: le giacche a tre bottoni con gli spacchi laterali; i pantaloni con le doppie pince; le camicie su misura con il collo bianco, talvolta tondo, del camiciaio Raffagli di Bergamo, piegate con cura sulle mensole; gli abiti confezionati dal sarto Bertolassi. «Il risultato finale di un abbigliamento dev' essere armonico e spontaneo. Per esempio la scelta dei colori è empirica. Poi contano la postura, il comportamento, l' abito mentale» spiega il direttore, che ama le spille da cravatta, gli orologi e i tessuti ruvidi, i tweed, le grisaglie di una volta. Oggi «c' è una tendenza allo svaccamento», sentenzia Feltri, «ma vestirsi bene dà benessere». Parla di equilibrio e concretezza l' armadio di Umberto Verga, patron della celebre orologeria milanese, che si lascia fotografare accanto al suo amato cagnolino tra abiti, scarpe e borsa da viaggio Louis Vuitton. Convinto che «con un pantalone grigio, una giacca blu, una camicia a righe e una cravatta a fantasia cashmere o Hermès puoi andare dappertutto. L' importante è decidere al momento della vestizione, non si possono preparare gli abiti alla sera per la mattina successiva». L' armadio è un santuario maschile, concepito per custodire vestiti con metodo, passione e amore, che a volte svela delle sezioni segrete. Se per esempio si posseggono 50 paia di scarpe, solo una parte può stare in bella vista. Le restanti vanno conservate in uno scomparto non visibile, in modo da non creare confusione. Lo sanno bene i veri cultori dell' abbigliamento. E lo sa bene chi di calzature ne possiede 500 paia, come Riccardo Grande Stevens, figlio del celebre avvocato Franzo, da anni in rapporti di lavoro e di amicizia con la Fiat e gli Agnelli e tuttora presidente onorario della Juventus. Tuttavia Riccardo alla legge ha preferito la Borsa e ha lanciato pure una sua linea di scarpe con la tomaia in velluto (Steve' s). La cura estetica - Invece si innamora dei tessuti e li immagina realizzati Giuseppe Iannaccone, avvocato di origine avellinese, specializzato in scandali finanziari, che percepisce la cura estetica come forma di rispetto verso gli altri. Ma «quando ho visto Il Padrino sono impazzito per cercare la seta grigio chiaro dell' abito che Michael Corleone indossava in occasione della comunione del figliolo», svela Iannaccone. E alla fine l' ha trovata. L' avvocato che ama i doppiopetti in tessuti sportivi e predilige le calzature bicolore estive di Edward Green, per tutti gli abiti fa sempre confezionare due paia di pantaloni, non tanto perché si consumano prima, più che altro per un' abitudine presa dal padre. Anche l' avvocato piemontese Michele Vietti ha ereditato dai genitori la passione per il vestire: «Giacche rigorosamente a tre bottoni; per sottolineare che l' abito è su misura porto l' ultimo bottone della giacca sempre slacciato. Ma la distinzione passa attraverso il portamento e la cura degli accessori». Lo psicologo, esteta, partenopeo ma romano d' adozione, Salvatore Parisi ha accumulato, in una vita di ricerca, un guardaroba dannunziano. «Abbigliamento e psicologia hanno profonde affinità: soltanto l' uomo che ha un' alta opinione di se stesso e che sa riconoscere il ridicolo può ambire al "vestire elegante"», dice. È sua l' idea dei passanti per l' orologio sul polsino della camicia. Altro che armadio quattro stagioni, Franco Forni da vero ingegnere ha organizzato la propria eleganza secondo rapporti numerici rigorosi, dando vita negli anni a una biblioteca del gusto. Il capolavoro risiede in una grande stanza definita da armadi a due piani, ciascuno composto da tre doppie ante per un totale di 12 sezioni. Al centro, una grande isola a rotelle contiene le calze. La scarpiera è servita da un estrattore a ventola che asciuga umidità e odori grazie a una tubazione che attraversa il solaio per arrivare fino al tetto, come una canna fumaria. Tutti gli appendiabiti sono in faggio verniciato e contrassegnati da un ovale in d' ottone col monogramma in corsivo nero. Giacche militari, frac, gilet in tweed, bretelle, cappelli anfibi, bracciali e collane, ma anche smoking e gessati che Giampiero Bodino, direttore creativo del gruppo Richemont, accosta e interpreta con creatività nella sua dimora milanese. Bodino naviga a vista: Santoni per le scarpe e Ralph Lauren per gli abiti. Niente sarti né calzolai su misura. Il suo è uno stile indefinibile. Forse un po' retrò. di Daniela Mastromattei