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La moda è una giungla: non solo il Tarzan maculato di Dolce&Gabbana

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Davide Locano
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Una collezione fatta col cuore quella di re Giorgio che «porta il sogno nella quotidianità», perché «Emporio Armani è un repertorio di possibilità attraverso il quale ognuno può raccontarsi in piena libertà», come dice lo stesso stilista. Un gran bel lavoro: una sfilata spontanea e dinamica tra giacche destrutturate mono e doppiopetto abbinate a pantaloni dritti o a palazzo oppure da paracadutista, con i tessuti di organza che accentuano l' assenza di peso. I tessuti di lino e juta, le sete e viscose tinte a freddo aggiungono una nota delicata e immateriale. La ricerca delle forme è un dialogo continuo tra il mondo dello sport e quello più formale, dove la giacca si chiude con la lampo e la camicia si presenta con cappuccio e coulisse sull' orlo come fosse una felpa. I completi di camoscio lavato sono morbidi e sembrano quasi liquidi, modellano il busto che sembrano abbracciarlo e proteggerlo. Gli accessori sono invece concreti: sneaker dalle suole massicce, grandi borse a mezza luna, zaini capienti, piccoli marsupi e bretelle con moschettoni funzionali per un viaggiatore alla ricerca del suo mondo. Il momento più emozionante è stato quando sono scesi in pista gli atleti olimpici e paralimpici azzurri che vestiranno Armani ai giochi di Tokyo 2020. Al termine della sfilata della linea Emporio, una grande bandiera italiana si è accesa al centro della sala e sulle note di "Love is in the air" sono usciti in passerella 20 atleti olimpici e 9 paralimpici di varie discipline, dall' atletica al canottaggio, che prenderanno parte ai prossimi giochi. Ad aprire la parata le elegantissime farfalle della ginnastica ritmica con i loro attrezzi e poi tutti gli altri, a partire dall' acclamatissima Bebe Vio per finire con Alex Zanardi («Armani mi ha fatto fare anche questo nella vita») che ha chiuso la passerella circondato dagli applausi. IL TORMENTONE Dolce&Gabbana invece ha mandato in pedana un nuovo Tarzan, a metà tra il selvaggio e l' urban safari, con vestaglie in seta, canottiere, camicie ampie, trench portati aperti. Il tema giungla è stato percorso fino in fondo, colonna sonora compresa con "Jambo", il tormentone estivo firmato Takagi&Ketra con Giusy Ferreri. Il tormentone della sfilata invece è stato il termine "ignorante". A spiegare la sua origine lo stesso Stefano Gabbana: «Quando ho pensato a un abito in organza Domenico mi ha detto "sei pazzo", ma io gli ho risposto "proviamo, è un po' ignorante"». Tradotto: quello che un over 40 definirebbe "naif", un under 20 lo chiama "ignorante". Ed è esattemente ciò che la griffe ha realizzato mischiando stili in contrasto ed epoche diverse. All' interno di una foresta lussureggiante maculata del Metropol hanno sfilato: i pantaloni a vita alta, i classici gessati, le camicie anni 40 e le scarpe rockabilly dei favolosi fifties. Le fantasie che riprendono i colori delle piante e degli animali della giungla e dei tropici ma anche delle maioliche siciliane. Tutto mescolato insieme: lo spolverino d' organza con stampate le palme, le scarpe con le borchie e gli strass, la coppola e il pareo, il denim a righe anni '80 e la camicia con le pin up, i giubbini corti doppiopetto, la blusa maculata e i bermuda da esploratore, la sahariana e il mocassino glitterato, il pigiama di seta e la vestaglia, il completo da tennis o da boxe ma in pizzo, la T-shirt con la frutta disegnata, la polo traforata e ricamata e la camicia con passamaneria dorata. IL BUSINESS «Siamo consapevoli - dice Stefano Gabbana - di essere tra le poche aziende che vendono bene sia l' uomo sia la donna, siamo famosi per l' abbigliamento, ma vanno bene anche gli accessori. Tuttavia siamo rimasti tra i pochi a vendere bene soprattutto i vestiti». Il merito forse è dell' attenzione particolare riservata ai giovani: «Ma lo sapete - chiede divertito Stefano - che per i ragazzi "orrendo" significa bellissimo?». Da Marni più che una sfilata è una festa: «Benvenuti al matrimonio. Una cerimonia a cui partecipiamo insieme per celebrare l' unione tra due anime: quella di Truman Capote e quella di Ernesto Che Guevara». Così Francesco Risso racconta l' anima della collezione per la primavera-estate 2020. Due opposti che diventano il fil rouge dell' intera collezione, in un mix tra formale e ribellione, rivoluzione e ordine. Sfilano i cappelli rituali creati con pezzi di recupero dall' artista Shalva Nikvashvili. Mentre Fay riafferma l' autentico Dna del brand. Gli elementi simbolo come i quattro ganci galvanizzati, il bordo-manica in cuoio e il colletto in velluto rappresentano la base per nuovi modelli dal gusto contemporaneo. Questo primo capitolo è stato affidato ad Alessandro Squarzi, explorer ed esperto di stile maschile, collezionista di capi vintage con oltre 6000 pezzi disponibili nel suo archivio. E di archivio parliamo anche da Trussardi che ha rispolverato i pezzi iconici (camicia, gilet, pantaloni in pelle), le felpe e magliette con la stampa del levriero. di Daniela Mastromattei

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