Occupazioni a raffica, Pisapia sta a guardare
Milano, escalation di illegalità: in due giorni presi d'assalto illegalmente tre edifici. De Corato: "Ormai gli anarchici hanno l'immunità"
Occupare si può. Da qualche mese questo è diventato lo slogan dei centri sociali milanesi, e la conferma è arrivata dopo la presa di Palazzo Marino. Giovedì è stato occupato uno spazio in via Scaldasole, zona Ticinese, pieno “centro commerciale della città”, come scrivono gli anarchici sul sito Indymedia. Ieri mattina è toccato invece a uno spazio privato al numero 50 di via Arbe, zona viale Sarca, preso d'assalto da decine di contestatori e prontamente ribattezzato “Officina dei Beni Comuni”. «Sarà uno spazio intergenerazionale», hanno dichiarato gli occupanti, «una sorta di casa del popolo per sviluppare progetti e servizi al quartiere e a tutta la città». Di che progetti o servizi possa trattarsi, non è ancora chiaro. Quel che è certo è che al primo appuntamento serale nello spazio “riaperto alla città dopo oltre 20 anni di abbandono”, sono stati invitati anche Giorgio Cremaschi della Fiom e Vittorio Agnoletto. Poi ci sarebbe la questione di via Valvassori Peroni, che da mesi tiene banco per buona pace dei residenti. Il complesso comunale che fino al 2005 ospitava il reparto “Parchi e Giardini” è stato occupato nel maggio 2011 dagli studenti del liceo Parini per scopi ricreativi, ma durante l'estate sono stati sostituiti dai componenti del collettivo “BlackAut”. Da allora lo spazio è stato trasformato in locale per rave party illegali (l'ultimo sabato 17, ingresso a 4 euro), con tutto il seguito di musica a tutto volume, alcol e droga facilmente immaginabile. E se non bastasse la fantasia, ci sono le proteste degli abitanti della zona a spiegare il disagio. La primavera degli squatter milanesi, in realtà, è iniziata il 2 marzo con l'occupazione del piano terra di uno stabile in via Confalonieri 3, quartiere Isola. Appartenenti alle sigle San Precario, Comitato NoExpo, Autoconvocati, Collettivo Off Topic e Palestra Popolare, hanno dato vita a un vero centro sociale chiamato “Laboratorio piano terra”. Da qui è partita una corsa all'occupazione selvaggia, che non ha risparmiato neppure abitazioni private. È il caso di una villetta in via Lavagna 7, da alcuni giorni diventata base per un gruppo di quindici anarchici italiani e stranieri tanto pacifici e pacifisti, da aver esposto alla finestra la bandiera dei pirati appena entrati. «Questa è l'ennesima testimonianza del clima lassista e trattativista in cui viviamo», commenta il consigliere comunale Fabrizio De Pasquale (Pdl). «Si sentono autorizzati a occupare ogni immobile libero, e dopo l'episodio di Palazzo Marino si è rafforzata l'idea di una giunta che tifa per la rivolta. Temo che con la manifestazione di sabato questa convinzione possa diventare sempre più diffusa. Sembra che a Milano sia sparito il principio della proprietà privata». Del resto, basta leggere la filosofia degli anarchici milanesi riportata su Indymedia: «Occupare per diffondere l'autonomia, per correre e riposare, per sostenere e dare continuità al ritmo della lotta. Occupare non è una pratica del passato. L'occupazione è una questione di continuità». Secondo Riccardo De Corato, «ormai gli anarchici godono dell'immunità». Per il vice-presidente del Consiglio comunale «l'occupazione di Palazzo Marino è un segnale chiarissimo e devastante: se puoi occupare la sala principale del Comune senza correre il rischio di essere punito, allora puoi fare tutto. Per chi crede ancora nella legge questa è una cosa avvilente». Parere condiviso da Massimo Girtanner, ex presidente di zona 6, per il quale «da quando c'è Pisapia, gli antagonisti sono legittimati a far tutto. Abbiamo l'esempio dello Zam alla Barona; questi personaggi fanno il bello e cattivo tempo. Ormai la gente non viene neppure a protestare dopo le minacce ricevute. I milanesi ora fanno finta di non aver votato Pisapia, ma il sindaco non ha vinto con un margine ristretto. Quelle tantissime persone che gli hanno consegnato le chiavi della città adesso si stanno rendendo conto dell'errore fatto. Basta un dato: Milano non è mai stata così sporca negli ultimi vent'anni. Per non parlare dei tagli fatti di recente alle periferie, proprio quelle che hanno portato più voti perché illuse dal vento del cambiamento. Ma questa è un'altra storia». di Salvatore Garzillo